Anonimo sec. XVIII, L’approvazione della Regola
(San Martino Buon Albergo, chiesa di San Martino Vescovo)
foto G. Rossignoli
Scheda Artistica - Dott. Roberto Alloro
Storie di san Francesco d’Assisi: L’approvazione della Regola
Dopo la demolizione, nel 1837, dell’oratorio intitolato a san Francesco in piazza del Popolo, i quadri che lo arredavano furono spostati nella parrocchiale. Quattro di essi si trovano in chiesa: due ai lati del presbiterio (L’approvazione della Regola e San Francesco alla mensa del cardinale Ugolino), uno sulla parete di fondo del braccio occidentale del transetto (San Francesco implora la Madonna e il Bambino per le anime del Purgatorio), uno in controfacciata (Il Perdono d’Assisi). Si tratta di dipinti poco conosciuti, che meritano di essere raccontati.
L’approvazione della Regola (Anonimo, sec. XVIII)
Quando la piccola comunità riunita intorno a Francesco nella chiesetta della Porziuncola per condividerne l’esperienza religiosa e penitenziale raggiunse i dodici elementi, l’Assisate e i suoi fratres si recarono a Roma per ottenere da papa Innocenzo III il riconoscimento della Regola, ossia il documento, costituito da vari scritti di Francesco stesi dal 1209 al 1210, che conteneva l’indirizzo spirituale del nascente ordine e una serie di norme pratiche destinate a regolarne la vita comune. Dopo una faticosa attesa durata tre mesi, finalmente il papa diede loro udienza. Stando a una consolidata tradizione agiografica, l’apertura di Innocenzo III alla novitas che veniva dall’Umbria sarebbe stata determinata dalla visione, avvenuta in sogno, della basica lateranense salvata dalla rovina dall’intervento provvidenziale di Francesco. In realtà, impegnato a governare la Chiesa in un periodo di grande fermento, il pontefice aveva intuito che il contrasto al fiorire di movimenti religiosi che spesso diffondevano idee ereticali poteva venire proprio dalla predicazione popolare di gruppi religiosi che, pure estranei al monachesimo tradizionale, erano assolutamente fedeli al papa e all’ortodossia della Chiesa, come Francesco e i suoi frati. L’Assisate espose al pontefice la Regola per i frati e Innocenzo III diede verbalmente la sua approvazione.
Nel quadro della parrocchiale, che ritrae il momento fondativo dell’ordine dei frati Minori, i protagonisti sono appunto Francesco, il papa e la Regola, che occupano la porzione centrale della scena. Diversamente da altre raffigurazioni dello stesso episodio – la più famosa è quella di Giotto nella basilica superiore di Assisi – qui il santo non è accompagnato dai suoi frati, presenza che nel XVIII secolo non è più ritenuta significativa. Il focus, infatti, è Francesco, patrono della confraternita laicale committente il quadro: egli è solo al cospetto dei vertici della Chiesa. L’incontro si svolge a Roma: non quella medievale che ospitò l’incontro, bensì la Roma barocca e papalina del secondo Settecento cara ai vedutisti romani, richiamata dalla porzione di edificio classico sullo sfondo (molto simile al notissimo tempio di Vesta a Tivoli) insidiato dalla vegetazione spontanea. Roma sede della Chiesa rappresentata dal papa e dalla curia cardinalizia, significativamente raffigurati nella parte superiore destra della tela. Nella parte opposta del dipinto, in basso, l’umanità impersonata da un piccolo ma efficace campionario: soldati, uomini e donne in età adulta, adolescenti di entrambi i generi, bambini.
Tra questi due corpi, Chiesa e “secolo”, è posta – significativamente al centro geometrico della composizione – la figura mediatrice di Francesco.
Il papa, calvo e dalla lunga barba canuta, è rappresentato a capo scoperto (la mitra è nelle mani del valletto inginocchiato accanto a lui): una situazione piuttosto usuale nel medioevo, forse scelta per significare l’atteggiamento di umiltà con cui il pontefice e la Chiesa si pongono davanti alla grandezza di Francesco e del suo ordine. Un papa che, scoprendosi il capo, accorcia le distanze dal fraticello di Assisi senza, tuttavia, rinunciare alla regalità della Chiesa di Dio, simboleggiata dalla ricchezza delle vesti (piviale in seta operata color oro indossato su veste bianca), dalle mani affusolate guantate di bianco che sfiorano il documento e dalle gambe scomposte caratteristiche dei re e degli imperatori in trono.
Altrettanto umile è Francesco, vestito con l’austero saio dell’ordine e in ginocchio dinanzi al papa. Ma la sua è una presenza che va oltre il luogo e il tempo: assorto in preghiera, col viso rivolto al cielo e il capo circonfuso di luce, egli ci appare quasi trasfigurato, rapito nel divino che ispira e guida la sua azione.
Terzo protagonista, la Regola. Della norma di vita francescana esiste una prima versione chiamata Propositum o Prima Regola (1210), una versione intermedia o Regola non bollata (1221) e una versione definitiva o Regola bollata (1223). Quest’ultima annovera solo i dodici capitoli che potevano agevolmente rientrare nello spazio della pergamena (conservata presso il Sacro Convento di Assisi) rappresentata nel dipinto. La Regola non bollata prescriveva ai singoli frati e all’ordine di vivere l’amore di Cristo e del prossimo in assoluta povertà e gioiosa libertà, precetti la cui severità è attenuata nella Regola bollata, che favoriva uno stile di vita cenobitico più organizzato. La Prima Regola, come detto, fu approvata verbalmente da Innocenzo III; la Regola non bollata (così detta perché mai riconosciuta da una bolla ai sensi del diritto canonico) venne approvata solo oralmente da Innocenzo III e non rivestì mai il ruolo di regola ufficiale; la terza Regola, o Regola bollata, quella definitiva e ancora in vigore, scritta da san Francesco in collaborazione con il cardinale Ugolino di Anagni, grande sponsor dell’ordine francescano divenuto papa col nome di Gregorio IX, venne approvata il 29 novembre 1223 da papa Onorio III con la bolla Solet annuere Sedes Apostolica. La figura del papa, nella rappresentazione artistica dell’approvazione della Regola, riunisce, quindi, le persone di Innocenzo III e Onorio III.
Se Francesco è in un “altrove” mistico, l’atteggiamento dei cardinali è, invece, pienamente “dentro” il luogo e il tempo dell’azione, in un rapporto dialettico con l’evento suggerito dalle diverse posture che movimentano il dipinto, ma che rappresentano anche in modo plastico le iniziali incertezze e titubanze del papa di fronte alla proposta francescana. C’è chi partecipa attivamente, come il prelato dietro a Francesco il quale, reggendosi le vesti per non inciampare, si sporge per leggere la bolla più agevolmente; c’è chi scruta le reazioni dei colleghi cardinali, chi indica e chi osserva con sguardo aggrottato.
Il piccolo in braccio alla madre, approfittando dell’opportuna flessione del busto di lei, esibisce nella mano sinistra la corona del rosario, strumento indispensabile a chi doveva pregare molto seguendo l’esempio di Francesco e obbedendo ad una delle prescrizioni della Regola bollata (III, 2-5: «I laici dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti»).