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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

 

 

Contrà Ca' del Diaolo

 

Contrà Ca' del Diaolo

 

Pochi territori della nostra Lessinia sono ricordati nella storia così distintamente con le loro contrade come la zona di Sant’Andrea di Badia Calavena e questo, probabilmente, per la presenza fin dal Mille del monastero dei Benedettini sul Monte di San Pietro di Badia. Già in atti che risalgono al Mille e ai secoli seguenti si trovano citati nomi di abitanti con i soprannomi che li distinguevano, perché non c’erano ancora i cognomi, e che facevano capo a centri abitati (contrade), come Conradus de Calavena; Wancetti (gli attuali Vanzetti); De Selmis (Anselmi); un certo Wench (Vinco); Giovanne de Spreda (Sprea); un certo Carpeno (Carpene); alcuni Gonzii (Gonzo); un Trattene (Trettene); un De Tajulis (Taioli); uno Stizzuli (Stizzoli) e molti altri che, lungo i secoli seguenti, si sono affacciati sulle pagine della storia di questa località: Rossetti, Rugolotti, Valcava, Pellicari, Cuneghi, Grisi, Riva, Scandolara, Massalongo, Comerlati ecc.

 

La contrada Ca’ del Diaolo, invece, non viene mai nominata e non se ne conosce neppure l’etimologia antica. Perché una sua storia alle spalle ce l’ha anche lei in quanto v’era un’osteria, un luogo cioè per i carrettieri che trasportavano alla pianura e alla città i prodotti della montagna, soprattutto carbone, legna e prodotti della terra (patate, rape, ortaggi) e della lavorazione del latte (burro, formaggio).

 

A Ca’ del Diaolo si fermavano per rifocillare cavalli e muli, per farli riposare prima di affrontare le dure salite che portano a San Bortolo, a Bolca, a Campofontana e a Giazza. Ca’ del Diaolo: potrebbe essere stato sempre questo il suo nome?

 

Poiché il nome ha sempre suscitato interesse e curiosità, la fantasia popolare ne ha giustificato l’origine con una leggenda. Si dice che un parroco di Sant’Andrea che era andato nella contrada in parola a portar via un morto per seppellirlo, avendo sentito proferire bestemmie e grida da parte di alcuni giocatori di morra all’osteria vicina all’abitazione del defunto, abbia esclamato, al colmo dell’indignazione: « Ma questa è la casa del Diavolo».

 

Un’altra versione, invece, afferma che i passanti lungo la strada vicina alla contrada sentivano misteriosi rumori, come di catene sbattute, che provenivano dalle case del piccolo centro; fu chiamato il prete che impartì una solenne benedizione e fece erigere una grande croce di pietra, tuttora esistente. Dopo di allora le notti tornarono più tranquille. Ma il nome di “Ca del Diaolo” nessuno gliel’ha più levato di dosso.