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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

 

 

Contrà Centro

 

Contrà Centro

 

Centro è frazione del comune di Tregnago. Il nome, stando a quanto scrivono gli storici, appare nell’elenco delle curie della corte di Calavena che poi diventeranno le famose arimannie di Marcemigo, Cogollo, Centro e Tregnago stesso. Con maggior precisione figura in una descrizione delle “Ville dell’Agro Veronese”, fatta nel 1184, quand’era imperatore  Federico Barbarossa. Il toponimo “Centro” anticamente era conosciuto come Centuli e sembra derivare da Cinctulum, cioè «recintato, chiuso». Qualche storico, però, lo giudica antichissimo. Il “comune” di Centro si venne formando in epoca tardo-medievale dentro un più vasto territorio che inizialmente dipendeva da Marcellise, ma che poi andò via via verso un secolare isolamento umano, sociale ed economico.

La chiesa del paese fu alle dipendenze di Santa Maria in Organo di Verona e, indirettamente, dal Patriarcato di Aquileia; poi passò sotto la Pieve di Tregnago dalla quale riceveva alcuni sussidi e aiuti come la cera, le spese per la manutenzione e altro.

 

Le visite pastorali che si susseguirono dal Cinquecento in avanti classificarono la chiesa di Centro come «antica, eretta in data immemorabile»; ma le affermazioni vanno interpretate come «per sentito dire». Secondo l’ex parroco don Aristide Soave, sarebbe stata edificata dalla popolazione nel 1460 ed eretta in parrocchia e dedicata ai Santi Ermagora e Fortunato; ma la notizia sembra sia stata riferita alla data della visita del vescovo Ermolao Barbaro. Nel 1716 venne ampliata.

 

Era dotata anche di un campanile, e questo già fin dal Quattrocento. Nel Cinquecento il vescovo Giberti annotò nei suoi verbali che esso stava rovinando e raccomandò che si ricorresse a stretto giro di tempo a lavori di risanamento.

 

Nel passato, deve aver costituito un punto di richiamo spirituale assai rappresentativo per qualche fedele o per qualche persona di riguardo che ivi ha trovato rifugio spirituale e serenità dell’anima, se la sua piccola e sghemba sacristia è stata fatta oggetto di particolari attenzioni artistiche e di grande considerazione.

 

Un anonimo benefattore, infatti, ne ha fatto restaurare la mobilia inserendola in uno splendido rivestimento in legno, adattato alle strutture murarie: si tratta di un elegante mobile, una sontuosa boiserie in legno di noce con lastronature in radica e filettature in ciliegio che esaltano i disegni degli intarsi. Un lavoro di alta ebanisteria che nel resto della Lessinia  è difficile trovare.

 

La chiesa è anche l’unica in Lessinia che abbia conservato il cimitero a lato dell’edificio, come era d’uso nell’antichità, ciò alla faccia del decreto napoleonico che aveva prescritto il trasloco altrove dei cimiteri. Un decreto che  non ha funzionato neanche nel Trentino-Alto Adige.