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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

SAN MARTINO B.A.

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Che "strade" in Lessinia nel Settecento!

Trattando del comune di Erbezzo abbiamo accennato a una mulattiera che da Costamora scendeva nel Vajo dei Falconi e di lì risaliva in quel di Sant’Anna d’Alfaedo.

 

In quel tempo — parliamo dei viaggi nel Sei-Settecento in Lessinia — i vescovi compivano i trasferimenti da una all’altra parrocchia a dorso di mulo o di cavallo: non c’erano carrozze e non c’erano strade. Oppure si chiamavano strade le mulattiere, le scorciatoie, i scùrsoli, come diciamo noi in veronese. Per avere un’idea autorevole sullo stato delle strade in Lessinia nel Settecento, senza esagerazione alcuna, sfogliamo la relazione che il “Perito Pubblico & Ingegnere Gio. Battista Pellesina” compilò nel 1749 per conto al Comune di Verona. E’ un resoconto di parecchi decenni posteriore ai tempi in cui i vescovi effettuarono le loro visite, a cominciare da quelle di Gian Matteo Giberti, per venire ad Agostino Valier, ad Alberto Valier, per non citarne che alcuni che visitarono le parrocchie tra il Cinquecento e il Seicento.    

 

Il Pellesina scrive così: “…da Lugo ad Erbezzo tutta alpestre e difficilissima anco con cavalli, essendo la più parte ruinosa…”; quella da Erbezzo a Chiesanuova “…tutta piena di dirupi e con grandissima fatica da me superata à cavallo per esser la strada troppo precipitosa…”;  da Valdiporro a Roveré,  dovette  “…smontar di cavallo per essere la strada troppo precipitosa … e la più pessima è tra Contrade Sartori, Gardon e Bertoldi …”;

 

Vanti – strada

 

da Velo a Selva di Progno “…per la val del Covalo sempre precipitosa della vita stando a cavallo…”; da San Bortolo  a Selva di Progno “… strada impraticabile  a cavallo “. L’unica strada decente era quella “Imperiale” che saliva da Tregnago a Selva di Progno, ma anch’essa “… tutta sassosa…”.

 

Una ventina d’anni dopo, sempre il Comune di Verona, in armonia con la Curia vescovile, inviò una lettera a tutti i parroci della Lessinia per conoscere quanti e quali mezzi di trasporto ci fossero in ogni comunità, quanto ciascuna fosse distante dalla città, quale fosse lo stato delle strade, quali le occupazioni della gente, che cosa mangiassero e altre notizie. Risposero tutti, sotto giuramento. Per quanto riguarda il primo quesito, cioè i mezzi di trasporto, tutti i parroci e con tanto di lettera firmata, dichiararono che non v’erano carriaggi e unico mezzo per il trasporto di persone era il cavallo (a sella) e per il trasporto di cose, il mulo, a soma.