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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

SAN MARTINO B.A.

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I "Colonelli"

I “colonelli” famosi in Lessinia fin dal Trecento, da quando cioè si insediarono i coloni bavaro-tirolesi, altro non erano che gruppi di contrade i cui abitanti, di norma, avevano comuni origini — per i XIII Comuni le origini erano cimbre —  parlavano la stessa lingua, stessi metodi di vita, costumi, tradizioni, mentalità, comportamenti, sistemi e modelli amministrativi già in vigore nella loro terra d’origine. Essi si organizzarono in gruppi, orientandosi sugli ordinamenti e sulle istituzioni già esistenti nelle comunità limitrofe.

 

Probabilmente il termine “colonello”, conosciuto anche con l’appellativo di “quartiere”, derivò dalla presenza di “coloni” su un determinato territorio. Un’altra ipotesi suggerisce che la parola fosse derivata dal fatto che tali gruppi di contrade o di famiglie fossero caratterizzati da una “colonnetta” votiva con immagini della Sacra Famiglia o della Madonna o di santi protettori. L’antico dialetto veneziano, per citare un’alta ipotesi, traduce “colonèlo” con «discendente di una stirpe». L’enciclopedia, cosiddetta “Treccanina” del 1970 afferma: «Colonello — veneto antico; gruppo familiare, divisione d’un paese, o comune; anche “colmello”», tipico del Bellunese.

 

Esempi eccezionali di “colonelli” veronesi che, pur assumendo mentalità e criteri di vita dei Cimbri già insediati da tempo sulla montagna veronese e su quella vicentina occidentale, mantennero una loro autonomia amministrativa e politica, sono stati: i “colonelli” di Durlo, cioè Sopracastello, Sottocastello, Sacco e Campodalbero. I primi due abbracciavano le contrade a settentrione e a mezzogiorno della Purga di Durlo, chiamata abitualmente “Castello”, perché sulla sua sommità sarebbero state rinvenute fortificazioni preistoriche.    

 

La comunità di Durlo è la più antica comunità di ceppo tedesco di tutta l’area veronese-vicentina e risulta uno dei primi insediamenti di Cimbri trasferitisi dall’Altopiano di Asiago. Si parla di Durlo già nel 1200. Durlo è sempre stata una comunità molto avanzata anche sul piano amministrativo; in contrada Rancani c’è ancora la “Casa del Comune” che porta il numero uno; prima del Cinquecento essa era in piazza, vicina alla canonica.  Nel Veronese, al contrario, un esempio di “colonello” è stato quello delle contrade che sorgevano attorno a Volpiana, in quel di Bolca. Anche Giazza, dalle prime contrade a settentrione di Selva, cioè Molinari e via dicendo, fino alla fine del Settecento era considerata un “colonello” di Selva di Progno, dipendente dalla chiesa matrice di “ Santa Maria Assunta” di Selva. E dovette subire diverse umiliazioni dalla comunità predominante soprattutto per le offerte, le decime e il diritto all’autonomia..

 

Altro esempio di “colonelli” autonomi sono state le contrade di Campofontana. Mentre San Bortolo, pur essendosi amministrato autonomamente sul criterio dei “colonelli” — furono due i suoi colonnelli fino ai primi del Seicento: San Bortolo Alto e San Bortolo Basso —, in seguito raccolse l’invito dei dodici Comuni già esistenti in Lessinia e si aggregò loro come tredicesimo, Campofontana, invece, preferì rimanere autonomo e nei primi del Seicento si divise in due colonelli: Campo di Dentro e Campo di Fuori, con una solenne dichiarazione pubblica che sancì tale determinazione. Il vescovo Alberto Valerio, nel 1613, quando andò a Campofontana in visita pastorale, rilevò la divisione in due “colonelli” delle sue contrade e li indicò rispettivamente con Campus de Intus e Campus de Foris.                                                                                                            

 

Campofontana: Colonello di campo di dentro. Foto Piero Piazzola.