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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie" Piero Piazzola, Bepi Falezza a cura di Anna Solati
fotografie di A. Scolari |
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Erbezzo
E’ ubicato sopra un terrazzo dello sperone boscoso che, nell’alto bacino della Val Pantena, separa il Vajo dell’Anguilla dal Vajo dei Falconi.
Il territorio comunale si estende a doppio cuneo con la punta sud nei pressi della marmorea contrada Portello, si allarga man mano che sale verso nord, fino a raggiungere la sua larghezza massima, a sera lungo il Vajo dei Falconi, a quota 626, nelle vicinanze di contrada Vaccamozzi, e a mattina, a quota 887 circa nel Vajo dell’Anguilla. Il capoluogo insiste nella parte centrale del territorio.
Poi esso inizia a restringersi di nuovo, ancora a cuneo, fino ad andar a toccare, a sera, Malga Fittanze e l’omonimo passo (m 1390); a mattina, invece, sfiorando via via il Vajo dei Modi, Malga Vallina di Sopra, Malga Lessinia, Malga Pidocchio, e raggiungere, infine, l’apice del cuneo nel Monte Castelberto, a quota 1765, la cima più alta dell’altopiano dei Lessini.
Erbezzo ha una sua lunga storia distinta che non possono vantare altre località della Lessinia. Sembra che il suo nome, che non è di origine tedesca come invece la maggior parte degli altri 13 Comuni Veronesi, si debba ricondurre al vocabolo herba, cioè «erba» e forse, meglio ancora, al verbo erbezare che vorrebbe dire «crescere come l’erba», lo troviamo citato in documenti vari con le denominazioni di Erbeço, Albecijum, Albezum, Herbecium, Albezio ed Erbédo. Già intorno all’anno Mille, però, era conosciuto come Arbetium e anche come Erbetium; qualche decennio più tardi è nominato Arbezo o anche Arbezi o Rocheta Erbeçi.
È ricordato in vari documenti del XIII secolo quale “castrum”, cioè «luogo fortificato» con la Rocca e la Rocchetta, con la sua “selva” che fu contesa per lunghissimo tempo dal monastero di San Zeno e dal Comune di Verona. Nel «Libro delle investiture» del secolo XIII dell’ “Archivio Capitolare Veronese”, sotto la rubrica De Lexino et Erbeço è ricordata nel 1189 la località «Costa maiore» cioè la frazione Costamora, mentre un’investitura fatta dai canonici riguarda la località Corte Alta.
Fino al tardo Trecento, la popolazione era “non avventizia e non tedesca”. Vale a dire che vi abitava una popolazione stabile di piccole dimensioni e di origini italiche. L’immigrazione dei coloni tedeschi interesserà le zone di Boscochiesanuova e di Erbezzo solamente molto più tardi rispetto alla data di insediamento dei Cimbri che risale al 1287. Infatti, solo in una locazione del monastero di San Zeno, datata 1306, appare la Silua Herbezi et Communis Veronae. Il Cipolla scrive che i tedeschi per arrivare ad Erbezzo dovettero passare la valle dell’Anguilla; ostacolo naturale non privo di complicazioni. Il nome di Erbezzo riapparirà poi in un diploma di Cangrande del 1334.
Ad Erbezzo, quindi, i coloni tedeschi arrivarono molto più tardi che in altre zone ostacolati dalle difficoltà di carattere orografico, come le continue, profonde vallate da superare per chi veniva da mattina. Compare anche in alcuni documenti relativi alla occupazione viscontea insieme alle altre comunità tedesche de “la montagna del Carbon”. Ma già in un documento del 1405, dopo che Venezia aveva occupato la nostra provincia, elenca tra i Comuni del “Vicariato della Montagna del Carbon”: terrarum Montaneae Teuthonicorum i comuni di Albezum (Erbezzo), Calcari, Azeredum.
Solo verso il Seicento, con l’insediamento stabile e preponderante dei coloni tedeschi sull’altopiano e nel territorio erbezzino, la località appare costituita in comunità autonoma da quella di Bosco Chiesanuova, della quale aveva fatto parte in precedenza. Quando ancora dipendeva da Bosco Chiesanuova era molto contenuta come abitanti. In una statistica del 1616 il Comune aveva 35 uomini di oltre 50 anni; 98 uomini «da fatti»; 121 donne; 133 «putti»; 159 «putte», nessun cavallo da sella o da carrozza, nessun asino o mulo, ma solo 4 cavalle; 48 animali bovini; 538 animali minuti, nessun carro, carretta o carrozza.
La parrocchia di Erbezzo risale al 1529 e dapprima fu tenuta da un cappellano, poi quando era membrum ecclesiae novae sub Grezzianae da un rettore. La chiesa primitiva fu costruita nel 1720 e vi si conserva un quadro del Cinquecento attribuito al Torbido raffigurante la Madonna con i Santi Filippo e Giacomo, oggi titolari della parrocchia. Ma essa contiene anche un altro importante pezzo scultoreo: un fonte battesimale firmato dallo scultore M.o Donato da Lugo che, insieme agli altri lapicidi, M.o Lorenzo e M.o Pero da Gusaz, avevano lavorato per la sua costruzione.
Lo stemma comunale risale al dopoguerra: fu inevitabile, infatti, studiarne uno nuovo perché quelli precedenti erano andati distrutti. Per realizzarlo si è ricorsi alla tradizione orale la quale riferiva che fino alla metà del Novecento negli uffici comunali si usavano due tipi di timbri: uno raffigurava un cestello che conteneva erbe; l’altro, invece, ciclamini. Il nuovo timbro, dunque, riproduce un cestello con dei ciclamini, coronato da due festoni di alloro.
La principale risorsa attuale del comune, come del resto lo fu anche nel passato, è l’allevamento di bovini e lo sfruttamento del bosco. Il primo si è mantenuto ad un livello molto alto tanto che fin dai primi del Novecento ad oggi ad Erbezzo, in autunno, si organizza una delle più quotate fiere di bestiame del Veneto in cui figurano le famose razze storiche della “Frisona italiana”, della “Bruna”, della “Pezzata rossa” e della “Rendena”.
Erbezzo è uno dei paesi della Lessinia più rispettosi delle caratteristiche architettoniche e ambientali di tutto l’altopiano dei Lessini.
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