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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie" Piero Piazzola, Bepi Falezza a cura di Anna Solati
fotografie di A. Scolari |
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La "Foresta dei Veronesi" Nel nostro modo di parlare montanaro era conosciuta come “La foresta”.
Stiamo ovviamente parlando della “Foresta” di Giazza che prende il nome dal paesetto cimbro dell’alta Val d’Illasi ma che dovrebbe chiamarsi più esattamente “Foresta delle Piccole Dolomiti”, cioè delle montagne che hanno l'aspetto, la taglia e l’entità fisica dolomitica, che la coronano a nord e culminano con le vette di Cima Posta e di Cima Caréga.
Foresta di Giazza.
Essa sorge alla confluenza dei torrenti Rivolto e Fraselle e con i suoi boschi di abeti, di larici, di faggi e di pini riveste le pendici meridionali del Carega, del Passo Pertica, del Sengio Rosso, del Monte Plische, scende dal Monte Zevola e dalla Scagina, passa per Malga Terrazzo, tocca appena le due “montagne” Fraselle di Sopra e di Sotto e si arresta sopra la borgata di Giazza.
La “Foresta” è costituita da 1200 ettari di bosco su un totale di quasi 2000 di superficie, è a cavallo di tre province (Verona, Vicenza e Trento) e di due regioni, il Veneto e il Trentino. Molti Veronesi e Vicentini la conoscono bene questa “Foresta”, perché l’hanno percorsa in lungo e in largo almeno una volta all’anno, essendo il polmone verde più fascinoso e più a portata di mano per i fine settimana, per le passeggiate di una giornata, per far trekking, per lo sport in genere e per le sue ombre e la sua frescura durante l’estate.
Tutto è cominciato il 10 agosto 1911, quando il Ministro dell’Agricoltura di allora, Saverio Nitti, venne appositamente da Roma a Giazza e quindi al “Bosco delle Molezze” ad inaugurarla seguito da un corteo di autorità in groppa a cavalli, muli e asini. La presenza del ministro e di tutte le altre autorità provinciali e comunali era giustificata dal fatto che la “Foresta” di Giazza era la prima che si costituiva in Italia dopo l’entrata in vigore della Legge Luzzatti del giugno 1910. Ma il territorio era ancora sotto la sovranità dello stato austriaco, perché si stendeva anche al di là del vecchio confine di stato che era nei paraggi di Rivolto.
I lavori di sistemazione del suolo e di rimboschimento ebbero un notevole sviluppo soprattutto durante il cosiddetto “ventennio”. La “foresta” si ingrandì e un po’ per volta cominciò ad assumere l’aspetto attuale. Ma intervenne un’altra guerra e dopo quella tristissima parentesi si riprese in più occasioni il lavoro di forestazione e di sistemazione del suolo.
La storia, però, è molto più lunga. Noi la trascuriamo per fare, invece, una riflessione di attualità: all’uomo della strada, oggi, queste cose interessano poco, lui ama soltanto ritornare per il fine settimana tra le abetaie della “Foresta”, costeggiare il “Lago secco”, godersi una giornata di fresco e di sana vita rusticana.
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