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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

 

 

Malga Monticello

 

Malga Monticello (Roveré)

 

Il termine Monticello è facile da capire: una “montagna” sopra un rilievo, di quelli tipici dell’altopiano della Lessinia; un piccolo monte.

 

Vi sono due “montagne” denominate “Monticello”, una in territorio di Roveré Veronese e l’altra in quel di Velo Veronese e sono catalogate nell’unità idrografica dell’“Alto Illasi”. La prima ha una superficie di ettari 59 di cui solo 19 sono fruibili dal bestiame; l’altra, invece, è più piccola, ma più idonea ad ospitare capi bovini, perché la superficie a pascolo è di ettari 42 abbondanti contro i 19 della prima. Il che fa capire che Monticello di Roveré ha una maggiore superficie a bosco. 

 

Monticello di Sopra e Monticello di Sotto, sono vicinissime tra loro ma in due territori comunali diversi.

 

Vicino a Malga Monticello c’è il bàito di Parparo di Sotto, quello che si trova sul limitare della strada provinciale che porta a San Giorgio, che è impiegato a ristorante, come del resto anche Malga Lessinia.

 

Un’altra Malga Monticello è ubicata in quel di Bosco Chiesanuova, in alta Valsquaranto; ha una superficie di ettari 49 di cui ettari 36 circa a pascolo. Monticello di Bosco Chiesanuova viene a trovarsi tra le “montagne” Porcarina a mattina, Bazerna a settentrione, Belfiore di Cima a mezzodì, e Sabe a sera.

 

Nel Settecento era nominata Montesól e la caricavano con i propri bovini Bartolo Dal Ben, Antonio Fainel, Domenico Casara, Domenico Spagnol: in tutto 42 bovini.

 

Scrive Roberto Carbognin in: “Gli alti pascoli dei Lessini Veronesi” : «oggi i bàiti, che molto spesso sono edifici isolati magari a quote molto alte, potrebbero diventare oggetto di interventi incompatibili con la tipologia e la struttura originale per cui sono stati edificati. In tempi di turismo di massa, di un ritorno alla natura, di una scoperta dell’agriturismo e, addirittura, di una rivalutazione dei “cibi genuini”, «bàiti e casare» dovrebbero tornare a nuova vita, intatti, come sono stati fino ad oggi e restaurati nelle loro strutture. Questo è il desiderio che la gente perbene si pone e vuole sperare che le autorità trovino il modo e la forza per raggiungere questo scopo».