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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

 

 

Contrà Pelosi

 

Contrà Pelosi

 

Pelosi è una vecchia contrada di Campofontana e Peloso è uno dei suoi cognomi più antichi tanto che lo si trova menzionato nei registri della parrocchia fin dal Seicento, insieme a quelli delle prime famiglie che si insediarono nella zona. Gli storici affermano che esse provenivano dall’altopiano di Asiago, ma nelle contrade dell’Altopiano non si trovano cognomi simili o quantomeno affini a quelli di Campofontana.

 

Altri storici, invece, dicono che quei lontani “extracomunitari” provenivano dalla Vallarsa; ma anche in Vallarsa non si ravvisano cognomi simili. Altri ancora affermano che più verosimilmente essi provenivano dalla Val d’Illasi, chiamati dai monaci di San Pietro di Badia Calavena a bonificare le terre a nord del convento; terre che passarono sotto il nome di “Alpesino”.

 

L’edificio che il maestro Falezza ha riprodotto ha lo strano nome di “Casa del Cavra”, perché apparteneva a una famiglia di Campofontana con questo soprannome di cui non si conosce la ragione. Però esso è attestato già nel Settecento e si trova riportato negli atti di morte di una certa signora «… Peloso Maria di anni 70, detta La Cavra».

 

La famiglia che portava questo soprannome— e che tuttora porta e non se ne offende — in realtà ha come cognome Peloso e abitò — e tuttora vi abita durante l’estate — in contrada Pelosi di Sotto. La contrada porta questa denominazione per distinguerla da un’omonima che dista circa 150 metri e che, comunque, è nota col nome di Pelosi di Sopra.

 

I cognomi storici di Campofontana sono dunque: Peloso, Zocco, Furlani, Griso, Pagani, Roncari, Tebaldi, Gugole, Pozza, Gaule, Tornieri e lo sono diventati in quanto prima erano vocaboli che distinguevano un individuo dall’altro sulla base di un mestiere (boscaiolo), di un difetto fisico (gozzo), di una abilità (suonatore), di una provenienza (friulano), di una caratteristica del fisico (peloso), e via dicendo.

 

Fino al tardo Cinquecento, nelle nostre terre di montagna, non v’erano cognomi; la gente si identificava col nome proprio, con quello del padre e con un’altra designazione che il più delle volte metteva in risalto una qualità buona o cattiva, una magagna, un mestiere che praticava, una dote, un arnese che adoperava, il luogo dove abitava (pagus), cioè un soprannome.

 

Ovviamente, ogni gruppo familiare che si è sistemato nelle varie zone ha cercato di mantenere i rapporti di convivenza, di collaborazione e di appoggio materiale e morale anzitutto con i suoi più stretti parenti, procurando di costruirsi la casa e altri edifici accanto a quelli dei parenti, per risparmiare e per tutelarsi. Solo così si spiega la presenza di cognomi uguali in contrade con il nome identico a quello dei suoi abitanti.