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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie" Piero Piazzola, Bepi Falezza a cura di Anna Solati
fotografie di A. Scolari |
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San Francesco
San Francesco
in Piazza di Roveré Veronese, imbocca sulla destra la strada che conduce via via alle contrade Snel, Jegher, Vanti, Sartori, Riva, Grobbe, Bortolli. Prima di arrivare alla meta vedrai una magnifica corte con case a tesa cimbra, purtroppo molto trascurata, e, alla fine, scenderai in piazza di San Francesco, detto del Teggio. La tradizione, infatti, vuole che il nome del luogo sia legato proprio alla colossale pianta di tiglio che anticamente si ergeva a lato della parrocchiale. Il tiglio, in dialetto si legge téjo e in cimbro linte.
In realtà fino a qualche decennio fa la piazzetta era caratterizzata dalla presenza di una secolare pianta di faggio, il cosiddetto el Fo, che fu intaccata da una malattia e pertanto se ne rese necessario l’abbattimento, dapprima dei rami, poi della pianta stessa. Al suo posto fu nuovamente posta a dimora una pianta di tiglio, la pianta sacra dei Cimbri, per serbare memoria della tradizione. Infatti nell’area dei Cimbri Veronesi, esso simboleggiava la libertà, l’indipendenza, il potere di amministrarsi autonomamente. Sotto la pianta di linte, che ogni paese aveva nella piazza, davanti alla chiesa, si radunavano le vicinie, le consulte dei capifamiglia, per prendere decisioni di ordine pubblico, economico e politico. Sotto le fronde fiorite del tiglio del villaggio, i Cimbri celebravano, fino alle soglie dell’Ottocento, il cosiddetto “ballo tondo”, singolare manifestazione a sfondo popolare-religioso, relitto di una danza rituale del calendimaggio.
Unica parrocchia che ancora conserva il tradizionale tiglio sulla piazza è quella di Valdiporro,
mentre Cerro Veronese sfoggia una bella quercia, Quercus crenata, vecchia di 250 anni.
San Francesco ha una sua storia che sembra iniziare nel Quattrocento. Infatti lo cita un documento del 1409, ma la comunità religiosa di San Francesco cominciò a recitare ufficialmente la sua parte nella storia dei paesi della Lessinia solo nel Seicento. Può darsi, quindi, che fosse presente politicamente anche prima, ma i documenti ufficiali lo fanno nascere in questo periodo.
Allora il paese aveva solo una cappella che più tardi diventò oratorio. Ed è appunto in quest’epoca che si nomina la località nei verbali delle visite pastorali dei vescovi di Verona. Era il 3 ottobre 1628. Il vescovo Marco Giustiniani, visitata la parrocchiale di Roveré, inviò il vicario della curia a visitare quella chiesa che, come recita il verbale «… dista circa tremila passi da Roveré ed è situata in contrada Superiore, detta del Praisiolo, costruita con licenza del Rev.do Daniele Lisca, vicario Generale dell’Episcopato di Verona…».
Il cosiddetto “Praisiolo” era conosciuto come tale anche agli inizi del Seicento; infatti, Attilio Benetti trova una testimonianza che ripete una particolarità del luogo: « …dove oggi si dicono al Fornize o siano li praiselli nella contrà del Teggio a San Francesco di Roveré di Vello…».
La Chiesa parrocchiale, costruita nel 1883 sui muri di un piccolo edificio religioso precedente, è intitolata a San Francesco d’Assisi, mentre il campanile è stato aggiunto nel 1895. Alla data in cui si chiamava “Praisiolo”, però, c’era, come abbiamo ricordato, una vecchia cappella con un sacerdote cappellano, certo don Girolamo, probabilmente parlante tedesco anche lui, perché queste erano le esigenze delle popolazioni dei Tredici Comuni: un prete che sapesse parlare il tedesco.
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