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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

 

San Mauro di Saline

 

Il territorio del comune di San Mauro di Saline pur essendo il più piccolo di tutti i comuni dell’area lessinica e di quella cimbra (Kmq 11,10) è annoverato tra i primi che diedero vita alle comunità della “Montagna Alta del Carbon”, cioè i 13 Comuni Veronesi. Il suo territorio a forma di cuneo, come quella del comune di Erbezzo, è compreso tra la dorsale del Monte San Moro, a mattina, e il Vajo della Gorla, un affluente del torrente Mezzane, a sera; la punta più settentrionale coincide con la contrada Viaverde di Velo Veronese a nord, mentre quella meridionale si localizza a sud di contrada Circolari, nel più profondo della valle suddetta. E’ stretto tra i comuni di Badia Calavena a mattina, Velo Veronese a settentrione, Roveré Veronese a sera,  Tregnago e Verona a mezzodì.

 

La prima parte del nome del paese viene da San Mauro, 32° vescovo di Verona. Secondo la leggenda nel 615 egli avrebbe lasciato il seggio episcopale per ritirarsi in un luogo solitario intorno a Saline (così era nota la località), sul monte che poi prese il suo nome.

 

L’etimologia di “Saline” è ardua. Secondo alcuni studiosi il nome sarebbe da attribuirsi al verbo «salire», poiché, per raggiungere la pieve, occorre percorrere un bel tratto di strada impegnativa in salita.

 

Secondo altri sembra essergli derivata dalla presenza e dallo sfruttamento della pietra “assalina”, cioè la pietra focaia, la selce, meglio nota nel dialetto come folénda, che ebbe un’enorme diffusione dopo l’invenzione della polvere da sparo perché sfruttata negli acciarini dei fucili. Infatti l’abbondanza di selce ha fatto in modo che ancora nel Paleolitico scavatori e forgiatori di armi di selce avessero conoscenza e frequentassero per i loro commerci questo territorio.

 

 Un’altra interpretazione ipotizza che a San Mauro il Comune di Verona, che a quei tempi  ne aveva il monopolio, aveva costituito un deposito di sale che vendeva alle popolazioni della Lessinia.

Sembra anche che la zona di San Mauro sia stata abitata dai Longobardi che avrebbero introdotto la venerazione per il santo; per cui «saline» può anche significare «piccole salae», dove la «sala» era la sede dei funzionari dell’esercito di quel governo.

 

Al periodo dell’età del Bronzo risalgono i resti di un castelliere sul Monte Caro che aveva il compito di controllo della famosa strada verso la Lessinia. Gli storici, infatti, sono dell’opinione che l’importante “Via Cara” o “Via Vacara”, come più tardi è stata denominata l’arteria perché vi passavano le mandrie di vacche che si recavano al pascolo sui Lessini e che partiva da San Pietro di Lavagno, esistesse già in periodo romano.

 

 Il nome di “Via Cara” potrebbe essere stato anche l’appellativo con cui si indicava una strada adatta al transito dei carri, quelli del sale, merce sottoposta al razionamento e che veniva prelevato a Verona e venduto alle comunità Cimbre; un’altra ipotesi vuole che il termine sia un’abbreviazione desunta dal passaggio delle processioni.

 

Torniamo per un attimo al centro del paese, a San Mauro, per parlare di un particolare che, probabilmente, non è stato sempre convenientemente posto in luce. A poca distanza dalla parrocchiale, in una valletta, in località Ximpari (altro toponimo cimbro) si può vedere una caratteristica piccola costruzione, bassa, con un arco d’accesso a un locale interno, in cui scaturisce dell’acqua che viene condotta all’esterno dentro una vasca più adatta per le lavandaie che per abbeverare gli animali. La fonte ha una sua storia.

 

Il 4 luglio del 1699 il vescovo Gianfrancesco Barbarigo in visita pastorale, che fu l’unica in Lessinia durante il suo mandato, arrivò a San Mauro. Durante l’abituale ispezione meticolosa alla chiesa, come volevano le disposizioni, si accorse che sopra il tabernacolo degli oli santi c’era un’iscrizione che riferiva di una fonte miracolosa.  A detta degli abitanti essa era scaturita nei pressi della parrocchiale per intercessione di San Mauro, vescovo veronese, quand’era ancora in vita e viveva da eremita sul monte vicino detto di San Moro. Infatti la leggenda raccontava che San Mauro doveva battezzare un convertito, ma non essendoci acqua nelle vicinanze, con un miracolo fece scaturire la nuova sorgente.

 

Il vescovo Barbarigo, la visitò personalmente, la trovò in pessimo stato di manutenzione e obbligò il rector e gli amministratori della chiesa a ripararla e ad erigere un muro a protezione, perché non entrassero le bestie e di costruire sul posto un capitello con l’immagine di San Mauro che sta pregando.