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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie"

Piero Piazzola, Bepi Falezza

a cura di Anna Solati

 

fotografie di A. Scolari

 

 

Contrà Scandole

 

Contrà Scandole

 

La contrada Pagani di Campofontana è conosciuta come la contrada abitata più alta in Lessinia. Ma se andiamo a verificare le quote di talune altre contrade della Lessinia centrale, in territorio di Bosco Chiesanuova, in particolar modo, peraltro attualmente quasi disabitate, verificheremo che ce ne sono quasi ai limiti estremi di altimetria e confinano addirittura con i pascoli estivi. Qualche esempio. A mattina, Rolli (m 1285) e Tracchi; al centro, Tinazzo (m 1231), Zamberlini (m 1234) e Len (1323); a sera, Rollo e Scandole. A Tinazzo, Beccherli e Sauro abbiamo gli esemplari delle contrade più antiche, non solo di Bosco Chiesanuova, ma anche della Lessinia.

 

La contrada Scandole che è la più occidentale di tutte, merita un cenno di commento per il suo nome e per la sua attività.

 

Le scandole, da cui deriva il nome della contrada, sono assicelle di legno, di una determinata larghezza e altezza, ricavate da ritagli di legname, che sistemate a dovere, una sopra l’altra, come le moderne tegole dei tetti, servivano allo scopo, ottenendo migliori risultati e un più lungo periodo di durata nel tempo rispetto alla paglia, tra l’altro, facilmente infiammabile. Così nacque anche l’attività dello scandolèr che, da sopranome dell’attività di chi lo portava, è diventato un cognome. L’Associazione culturale dei Mòcheni (1) recentemente ha restaurato alcuni edifici del suo passato proteggendone i tetti con le scandole.

 

 

1 Mochèni. Il castello di Pergine, nella Valle del Fèrsina (Fersental), percorsa dal torrente Fèrsina (Fersenbach), che domina e introduce la parte superiore di quello stretto bacino, probabilmente è di origine longobarda e la vallata è caratterizzata da borgate molto distanti l’una dall’altra, scaglionate sul versante sinistro tra gli 800 e i 1400 m di quota. Esse sono: Frassilongo-Roveda (Gereut-Eichleit), Fierozzo (Florutz) e Palù (Palai).

La valle, meglio conosciuta come “Valle dei Mòcheni”, fa parte della diocesi di Trento che, fin dal primo Medioevo, costituiva un principato di natura ecclesiastica imperiale, simile a quello di Salisburgo; ambedue poi, nel 1815, furono incorporati nell’impero d’Austria, in seguito, nel 1918, il Trentino fu ceduto all’Italia.

Vi prevale ancora una popolazione tedesca, che parla un dialetto originario tirolese, ma che si è adeguata via via ai mutamenti della lingua a seguito delle varie ondate di immigrazione che si sono susseguite al primitivo insediamento altomedioevale dalle diverse regioni da cui provenivano i nuovi coloni. Oggi, nella parlata mòchena, si notano delle differenze di linguaggio; gli studiosi le giustificano con le frequenti immigrazioni di minatori, richiamati dalla possibilità di trovare lavoro, venute dopo i primi insediamenti.

Tale prima presa di possesso del territorio avvenne verso il 1200 a opera di un nutrito gruppo di minatori del Tirolo che, allora, faceva parte della Baviera.

Da quegli anni fino al secolo XVIII la montagna che circondava l’intera vallata venne traforata da un’infinità di gallerie per l’estrazione del rame. L’importanza dell’industria mineraria nella Valle dei Mòcheni e una buona politica economica mirata alla tutela delle popolazioni che dipendevano, anche politicamente, dal vescovo di allora, derivano dal fatto che il diritto minerario, concesso tra il 1185 e il 1208, costituisce uno dei primi statuti giuridici finalizzati, che legalizzò un diritto consuetudinario esercitato fino ad allora.

Gli abitanti della Valle del Fèrsina sono, ancora oggi, i Mòcheni; il termine “mòcheno” deriverebbe da macher, cioè «quelli che fanno», oppure da machen, «fare»; mentre i minatori vengono chiamati canopi, che è una storpiatura di Knappen, cioè «minatore».

Caratteristico è il sistema di costruire le loro baite, dette “masi”: usano tronchi combinati in modo particolare e ricoprono il tetto con le scandoe”.