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In Lessinia tra malghe, contrade e "memorie" Piero Piazzola, Bepi Falezza a cura di Anna Solati
fotografie di A. Scolari |
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Vestenanuova
Del comprensorio territoriale di Vestenanuova fanno parte i comuni di Castelvero, Vestenavecchia e la frazione Bolca, famosa in tutto il mondo per i suoi pesci fossili. Queste colettività in passato erano tutte autonome. Castelvero è la più antica, Vestenanuova è stata l’ultima a formarsi.
Nella celebre carta topografica del 1400, detta dell’Almagià, appaiono chiaramente le località di Bovolca (Bolca), Castel vero (Castelvero) e Vestna vetus (Vestenavecchia).
Bolca, che è solo frazione, figura nel comprensorio delle “Vestene”, quello cioè che raggruppa anche le tre comunità precedenti, ma è più vicina all’area e all’evoluzione storica delle comunità cimbre; infatti la sua zona nord, una volta meglio nota come “Colonello di Volpiana”, era cimbra. Poco a nord, ancora adesso, c’è una località nota come “Le do colone”; ai lati della strada persistono, infatti, due “colonnette” che segnano il confine più meridionale dell’area cimbra. Numerosi sono, al proposito, i toponimi di tale origine, ne elenchiamo alcuni senza darne la traduzione: Cracco e Cracchi, Monte Postal, Monte Spilecco, Contrada Làisi, Valle Scherpa, Ca’ Rendili, Valleco, La Lave, False Bise, Val Grobe.
Il territorio del comune di Vestenanuova riunisce in modo esemplare tutti quegli elementi, frutto di sconvolgimenti orogenici di forte intensità, che si verificarono nel corso dei millenni, subendo poi solo marginali trasformazioni. Milioni di anni fa, nel Mesozoico, la zona era completamente sommersa dalle acque del “Mare della Tetide”, ma si andava lentamente sollevando e assumendo connotati simili all’attuale. Ma 60 milioni di anni fa questo processo si andò completando e la zona già mostrava alcune dorsali e numerosi isolotti dove pulsava la vita, ma dove frequenti erano i fenomeni vulcanici. Bolca ne è rimasto l’esempio e pare proprio che il toponimo voglia significare “vulcano”. Di un vulcano tipico è rimasta la “Purga” il monte conico che si eleva alle spalle dell’abitato.
L’apparizione dell’uomo sui Monti Lessini e, quindi presumibilmente in quel delle “Vestene”, avvenne all’incirca 500 mila anni fa e da allora l’insediamento umano in queste zone è stato continuo. Verso 90 mila anni fa comparve sui nostri monti l’uomo di Neanderthal; lo rivelerebbero le testimonianze di accampamenti rinvenuti a Campofontana, sul Monte Calvarina, in Val d’Alpone, e sembra, anche sul Monte Castellaro di Vestenavecchia.
Per l’Olivieri il toponimo Vestenavecchia deriva dal nome Vestinus; per altri da Castrum Vetus, vale a dire Castelvero che, in epoca romana era un luogo fortificato. La località è attestata già nel 1145 in un documento che riporta una controversia tra i monaci di San Mauro di Saline e i canonici di Badia per la giurisdizione della scomparsa chiesa di San Salvatore. San Salvatore era ed è ancora il patrono titolare della parrocchia di Castelvero, la terza comunità della vallata dell’Alpone che comprende anche le “Vestene”.
Gli Scaligeri diedero in feudo Vestenavecchia ai nobili locali “Mezzagonnella” che vi costruirono un castello sul Monte Castellano. Il paese si sviluppò nelle vicinanze dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate del XII secolo.
Sotto la repubblica di Venezia, nel 1414, la zona divenne dominio della locale nobile famiglia Emo che fece costruire lungo la strada per Bolca una Corte dove dimorava il signore quando si recava nella zona ed era abitata stabilmente dal castaldo e dal massaro. Il fatto indebolì il ruolo di Vestenavecchia fino a quando Vestenanuova si costituì in comunità autonoma. Da questo fatto ebbero origine una serie di contrasti per la riscossione delle decime.
Fino a quando rimase sotto la giurisdizione di Badia Calavena, Vestenavecchia fece anch’essa parte del “Vicariato della montagna del carbon”.
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