Altare dell’Immacolata Concezione (Leonardo Manzati)
Foto - Roberto Alloro.
Scheda Artistica - Dott. Roberto Alloro
La devozione della comunità di Marcellise per la Vergine Maria è attestata fin dai più antichi documenti che riguardano la chiesa parrocchiale. Il secondo altare a destra è intitolato all’immacolata concezione della madre di Dio, verità di fede dal concilio di Basilea del 1439 e dogma dal 1854 per decisione di papa Pio IX.
L’insieme, di gusto barocco, è costituito dall’altare con paliotto di marmi policromi, da una coppia di colonne con capitello ionico poggianti su un’alta base in rosso di Verona e da un timpano spezzato di marmo bianco decorato al centro da una testa d’angioletto. Ciascuna colonna è affiancata da un pilastro con capitello dorico in marmo policromo posto su un piano più arretrato. Al centro dell’ancona, entro una cornice lignea bianco-dorata, è posta la statua a grandezza naturale dell’Immacolata Concezione, opera di Luigi Sughi.
Assai interessante, anche se poco conosciuta, è la decorazione pittorica dell’altare, su cui vale la pena di soffermarsi con attenzione. Un registro conservato nell’archivio parrocchiale relativo alla fabbrica della nuova chiesa, realizzata intorno agli anni venti del XIX secolo, alla data del 23 maggio 1823 riporta una spesa di lire abusive 165,16 «alli signori Ruzzenente e Feruzzi per polizze colori ed assistenza fatta prestare al signor don Manzati a dipingere la capella della Madonna gratis». Secondo questa fonte, dunque, autore delle pitture è il sacerdote veronese Leonardo Manzati (c. 1761-1826), un autodidatta distintosi nell’architettura, nella pittura e come ideatore di apparati effimeri da allestire in occasione di onoranze funebri e nelle feste religiose.
Di questo singolare uomo di Chiesa ed artista interessa qui evidenziare il legame particolare che lo unì a Marcellise, mediato dal beato don Nicola Mazza. Nella casa padronale di proprietà della famiglia Mazza in località Camozzini, infatti, don Leonardo decorò l’oratorio; nella nuova chiesa parrocchiale, in cui don Mazza celebrava messa quando si trovava in paese, curò la decorazione della cappella della Madonna sopra ricordata e forse anche quella del coro e della sacrestia; infine, sulla base di un’incisione coeva destinata alla raccolta di offerte presso i maggiorenti della zona, ho ipotizzato che il progetto stesso della chiesa ottocentesca si debba attribuire all’architetto Leonardo Manzati.
Nella cappella dell’Immacolata Concezione sembrano condensati molti dei motivi tipici di Manzati, ad iniziare dal trompe-l’oeil architettonico inserito nella parete di fondo, che riprende la struttura dell’altare e ne amplifica l’effetto monumentale. Il pittore, infatti, ha aumentato l’impatto visivo della struttura dipingendo un terzo ‘piano’ prospettico costituito da una doppia coppia di pilastri in rosso Verona su cui poggiano rispettivamente una coppia di colonne ioniche e due statue sovrastate da un’iscrizione classicheggiante. In alto, un timpano curvilineo ed una coppia di vasi monumentali contornano l’iscrizione dedicatoria D. o. m. / et Mariae Deiparae / ab Conceptione Immaculatae (A Dio ottimo massimo e a Maria madre di Dio dalla Concezione Immacolata), mentre festoni di rose intrecciate uniscono le lesene poste agli angoli della parete di fondo alla sommità del timpano. La decorazione pittorica tutt’intorno all’altare, realizzata secondo lo stile a quadrature, emblemi ed iscrizioni che Manzati aveva già adottato qualche anno prima nella cappella di Santa Anna nella chiesa dei Santi Apostoli di Verona, è un autentico florilegio di fonti mariane.
Le due figure monocrome ai lati dell’altare raffigurano statue muliebri sovrastate dalle iscrizioni Deus / respexit / hvmiltatem / ancillae svae (Dio ha considerato l'umiltà della sua serva, Lc 1,48) a sinistra e Candor / est / lvcis aeternae / et specvlvm / sine macvla (È un riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà, Sap 7,26). L’argomento delle iscrizioni è ribadito dagli attributi delle due figure, nel primo caso l’umiltà, virtù che ha sede nel cuore ardente d’amore per Dio, nel secondo lo specchio senza macchia.
Nell’imbotte, ai lati di Dio signore del mondo e dello Spirito Santo in forma di colomba, sono rappresentate e richiamate quattro citazioni dal libro del Siracide riferite alla sapienza di Dio. Dal centro verso sinistra vediamo dei cipressi e l’iscrizione Qvasi cypressvs / exaltata in Monte Sion (Son cresciuta alta come cipresso dei monti dell'Ermon, Sir 24,13), poi dei cedri e l’iscrizione Qvasi cedrvs / exaltata in Libano (Son cresciuta alta come cedro del Libano, Sir 24,13). Dal centro verso destra vediamo delle palme e l’iscrizione Qvasi palma / in Cades (Son cresciuta come una palma d'Engaddi, Sir 24,14), poi degli olivi e l’iscrizione Qvasi oliva / in campis (Son cresciuta come ulivo che spicca in pianura, Sir 24,14).
Su entrambi i lati dell’intradosso le lodi alla Vergine continuano attingendo a fonti diverse riportate a due a due con disposizione speculare. Due finte specchiature incorniciano altrettante panoplie di foglie d’acanto su base circolare addobbate con festoni di rose. Ciascuna panoplia, dipinta ad imitazione della pietra, sorregge due emblemi policromi e le relative iscrizioni. Sulla base della panoplia si trova un terzo emblema monocromo, anch’esso con la propria citazione. Dall’alto verso il basso vediamo anzitutto due richiami alle nobili origini della Madonna, entrambe ricavate da antifone: a sinistra l’immagine del re Davide, cantore e musicista, con corona ed arpa, e l’iscrizione Concepta est Virgo Maria / ex progenie David (La Vergine Maria fu concepita dalla stirpe di Davide, antifona C3108); a destra il patriarca Abramo che semina, simbolicamente, la propria discendenza e la citazione Conceptio / gloriosae Virginis Mariae / ex semine Abrae (La concezione della gloriosa Vergine Maria è dal seme di Ambramo, antifona C3110).
Più sotto due citazioni dal Cantico dei cantici che rimarcano la purezza e la castità della Vergine, concepita senza peccato originale: a sinistra Fons signatvs (Una fonte sigillata, Ct 4,12), a destra Hortvs conclvsvs (Un giardino chiuso, Ct 4,12). Al livello inferiore, due citazioni dall’inno Praeclara custos virginum, opera di autore ignoto del XVII secolo che si recita durante i vespri dell’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, e si rivolge alla Madonna con i titoli più belli, chiedendole che guidi gli uomini tra le tempeste della vita al porto sicuro della salvezza.
A
sinistra un giglio tra i rovi racchiuso in un clipeo tra le ali di due colombe e
l’iscrizione Inter rvbeta lilivm /
colvmba formosissima (Giglio tra le
spine, colomba di grande bellezza, vv. 5-6), a destra l’arca galleggia
sicura tra i flutti del diluvio e l’iscrizione Flvctvs
tot inter deviis / tvtam reclude semitam (Tra
tante tempeste, indica la rotta sicura a coloro che la smarriscono, vv.
15-16).