Casa Pozza - Capitello devozionale dedicato a S. Vincenzo Ferrer secolo XVIII-XIX.
24/01/2004 - Foto A. Scolari
Il capitello di san Vincenzo Ferrer a Casa Pozza
Scheda Artistica - Dott. Roberto Alloro
Il capitello sorge a poche decine di metri da Casa Pozza, lungo la strada ora denominata Via Ca’ Nóve Marcellise che dall’antico capoluogo conduce al centro abitato di Casette.
Come accade spesso in questo genere di manufatti, il sito non è affatto casuale. Si tratta, infatti, del bivio con la strada, ora ridotta a capezzagna, che porta verso gli insediamenti del Palù e del Fenilón; evidentemente un punto del territorio ritenuto saliente e, quindi, meritevole di essere segnato e protetto da una rassicurante presenza religiosa.
Il materiale edilizio è, nelle parti a vista, una pietra tufacea dal colore caldo, mentre la “schiena” è in laterizio. La struttura si articola in due registri sul piano verticale, basamento ed edicola, mentre sul piano orizzontale il corpo centrale è leggermente aggettante rispetto a quelli laterali.
La parte inferiore, massiccia e non priva di austera ricercatezza, è contornata da cornici e modanature. In basso, da ciascun lato, infissi nella pietra rimangono due occhielli metallici di cui non è noto l’impiego. L’alzata è costituita da un’edicola con nicchia voltata cui si appoggiano due belle lesene ioniche a voluta contrapposta decorate a bassorilievo. Il timpano triangolare sovrapposto al corpo centrale e le mensole laterali formano il coronamento. Sulla sommità è posta una croce in ferro innestata su base lapidea.
Nella nicchia, dietro una grata metallica tanto necessaria quanto fastidiosa alla visione d’insieme, è posta la statua di Vincenzo Ferrer, un santo con il quale a San Martino Buon Albergo abbiamo poca confidenza.
Nato nel 1350 a Valencia (Spagna), fu frate domenicano, insegnante di teologia, autore di trattati teologici e sermoni, confessore personale e consigliere di papa Benedetto XIII. Si dedicò con ardore alla predicazione itinerante che lo rese famoso in tutta Europa, distinguendosi per la grande abilità oratoria e i toni apocalittici. Morì il 5 aprile 1419 a Vannes, in Bretagna, dove sono custodite le sue spoglie, e fu canonizzato nel 1455. Viene ricordato nell’anniversario della morte.
L’immagine è di pregevole fattura, nonostante una pulitura forse troppo aggressiva l’abbia privata della pellicola più esterna e della patina del tempo. Si tratta di una scultura in pietra a tutto tondo, cronologicamente e stilisticamente molto posteriore al manufatto che la ospita; forse policroma in origine, è definita da linee nette, geometriche, e da superficie ampie e tese.
Foto: Roberto Alloro
Il santo è raffigurato con i suoi attributi tipici: l’abito domenicano, il crocifisso (perduto) nella mano destra, la fiamma dello Spirito Santo (spezzata) sul capo - segno del predicatore del Giudizio Universale, l’agnello accucciato vicino al piede destro con la fiaccola accesa in bocca (particolare reso illeggibile dalla corrosione). La mano sinistra, appoggiata sullo sterno, stringeva un oggetto (un giglio? la tromba del Giudizio?) che non è più possibile identificare rimanendone solo un moncone racchiuso nel palmo.
Il viso del santo, rivolto in basso a sinistra, guarda il viandante dritto negli occhi. I tratti somatici sono straordinariamente espressivi, tutti intenti – dalla bocca socchiusa alle borse sotto gli occhi alle rughe d’espressione sulla fronte e sulle guance – a restituire un sembiante naturale e realistico.
Non è dato sapere se la dedicazione a Vincenzo Ferrer è quella originaria o se il santo catalano abbia preso posto nell’edicola solo in un secondo momento. Tra i molti miracoli che lo videro protagonista, due ebbero grande diffusione: aver salvato un muratore dalla caduta e l’aver portato pioggia sui campi colpiti da siccità. E forse sta proprio in questa speciale intercessione per i benefici del raccolto la ragione della sua presenza nei campi di Casa Pozza.
Per quanto penalizzato dal progressivo innalzamento della sede stradale e dall’erba che nasconde alla vista le parti inferiori della struttura, il capitello svetta comunque imponente e solitario come un cristiano menhir sullo sfondo dei seminativi che circondano la corte rurale che fu dei conti Dal Pozzo. Altro effetto doveva suscitare nei secoli passati, quando la zona era ricca di alberi rigogliosi. Anzi, pare proprio di intravederlo, tra le fronde, macchia gialla a bordo strada, in uno degli affreschi di Andrea Porta che decorano il salone della finitima corte, datati 1782, pronto a salutare la famiglia dei paróni in arrivo per la residenza estiva.
Foto: Roberto Alloro