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di Sergio Spiazzi  

Le Ferrazze

 

Storia di un borgo industriale

Sviluppatasi attorno ad un antico nucleo industriale, la frazione di Ferrazze si colloca ai limiti nord-ovest del comune di S. Martino B.A., in una posizione geograficamente privilegiata, tra antiche direttrici stradali e ricchi corsi d'acqua.

 

Posta a levante della valle di Montorio, a ridosso della propaggine collinare della Musella, che dai Lessini si prolunga fino a lambire l'abitato San Martino, si trova a 50 metri sul livello del mare.

Il toponimo "Le Ferrazze" indica in modo inequivocabile la sua origine industriale o, meglio, il legame con l'industria fluviale.

 

Solo nella seconda metà dell'ottocento Ferrazze si sviluppa proprio attorno all’oleificio che va a sostituire antichi centri di produzione. Il suo territorio, nel 1927, viene staccato da Montorio per essere aggregato al comune di S. Martino B.A. Nel 1930 viene costruito l'attuale edificio religioso e formata la piazza, dando quindi al nucleo una propria identità e centralità. Con la crisi dell'agricoltura e la chiusura dell'oleificio, Ferrazze ha conosciuto un periodo di crisi e spopolamento, superato daIl' attuale PEEP che va a ricucire e riordinare un pezzo di storia e di territorio.

 

Le origini

Lungo il Fibbio sorsero in epoche diverse numerosi edifici industriali (opifici) che sfruttavano la forza dell'acqua per far andare le grandi ruote che muovevano macine, magli per battere il ferro o il rame, folli per ammorbidire il tessuto e macchinari in genere per pillare il riso o fabbricare la carta.

 

I romani conoscevano bene tale uso ed è probabile che fin da allora e per tutto l'alto Medioevo il Fibbio (dal latino "fluvium" cioè fiume) fosse sfruttato per animare mulini e simili. Una testimonianza è data da un documento dell'aprile del 920 riferito ad un' annua corresponsione Iivellaria a Gariberto suddiaco della Chiesa Veronese per un mulino posto “.... in valle Fontense (di Montorio) in acqua quae dicitur  squarado ... “.

Dopo il Mille, con la ricostruzione della città e la crescita produttiva il Fibbio si anima di numerosi opifici (determinando probabilmente il borgo industriale delle Ferrazze).

 

Nel 1561 si contano sul Fibbio (da Olivé a Formighé) ben 93 ruote, appartenenti a 20 molini, 10 folli da panni (gualchiere), 6 cartiere e 6 edifici per lavorare il ferro ed il rame, o meglio per forgiare armi. La fortuna degli opifici termina con l'avvento delle grandi industrie della fine dell'Ottocento e, in una lenta quanto malinconica agonia l'industria fluviale è scomparsa, meglio dire quasi, visto che ancora un molino funziona il quel di Montorio.

 

I primi documenti

Non sono di facile interpretazione in quanto le indicazioni non ci permettono con sicurezza di localizzare questo luogo; infatti molti sono gli edifici di industria fluviale che troviamo a Montorio e nelle pertinenze.

Il primo documento importante e sicuro è del 1407, una relazione riferita a diritti d'acqua della fossa Rosella in favore della famiglia Guarienti.ln tale carta si legge "... la jurisdittione del condutto dell'acqua et di cavar l'acqua del fibio che continuamente scorre per l'alveo chiamato la fossa alla possession de Campalto cominciando nel fibio grande di Montorio sopra il molino delle suore di san Michel in Campagna ...”, tale possessione, probabilmente più cospicua, era già di proprietà del monastero di San Michele in Campagna fin dal 1183, anno a cui si riferisce un documento di affitto datato 29 ottobre dove Maria badessa di S. Michele in C. concede in locazione a Marzio de Illasio ed Engelanda sua moglie ed Ottolino loro figlio, la metà dei molini e gualcatori che Marzio suddetto ed Ottolino sono soliti tenere insieme con Cavazano, posti in pertinenza di Montorio, "in flubio". In un altro documento datato 2 marzo 1195, Maria badessa del Monastero di S. Michele, concede in locazione a Cavazano, figlio del fu Aldo, di Montorio, metà dei due molini e due Walcatori (folli per panni) nella pertinenza di " ... Montorio il flumine flubii in hora dicitur ad Gaciam". Da questi documenti possiamo risalire fino al 1183 e forse più indietro, in quanto le proprietà del monastero di S. Michele in Campagna possono riferirsi al lX e X secolo. Nel secondo documento il luogo viene definito "Gaciam" ed è chiaro il collegamento tra le due località.

 

L'origine di un toponimo

Non sempre il nome di un luogo è legato alla nascita di un nucleo abitativo; questo è per Ferrazze, che assunse tale appellativo in epoca più tarda rispetto alla sua antica origine di industria fluviale, quando è difficile dirsi anche se si può collegare il fatto alla presenza di una fonderia di ferro già nel 1292.

Per distinguere tale luogo da altri centri di produzione simili si pervenne a sottolineare tale unicità dando alla località il soprannome di  "Le Ferrazze".

In alcuni documenti della prima metà del XV secolo troviamo "Feraciam" e in una mappa della metà del XVI secolo troviamo "Le Ferace".

 

Le Ferrazze tra il XVII e XIX secolo

I vari opifici non subiscono crisi nel corso del XVII secolo. Ferrazze continua ad essere un centro industriale importante insieme a Montorio e S. Martino Buon Albergo.

Torello Saraina, storico veronese, nel 1649 ci parla, tra l'altro, della valle di Montorio e scrive:" La valle che segue è detta la valle di Montorio, over monte aurea, per due miglia distante dalla Città, dalla natura fatta più delle sopradette bella, e per essere vicina alla Città; maggiormente edificata, passa per questa il fiume detto Fibio, largo così, che sarebbe navigabile, e sopra il quale sono fabbricati molti edificij per battere li rhammi, e ferramenti per le armature, li folli per condensare, e purgare li panni, e berrette, gli edificij per fare la carta bombacina per il scrivere. Questo fiume genera pesci in abondanza di grande dilicatezza ma truttelle, gamberi, e maggiaroni ottimi. Et oltra questi produce il Temalo pesce soave, e grato nel mangiare, ha il terreno fertile, e li vini potenti".

La continuità storica ci viene da una mappa (la prima conosciuta) del 1682.

 

La mappa ci riferisce ad una supplica per irrigazione di campi vicini alle Ferrazze, la quale ci illustra in un disegno assonometrico la situazione edilizia del centro industriale. Il Fibbio supera ad est gli opifici, i quali sono divisi in tre fabbricati separati da due canali. Si leggono molto bene le ruote, una serie di ponti di collegamento e vari fabbricati. Interessante è il palazzo con loggia e brolo del signor Spineta Giosefe ed in basso l'ostaria delle Ferrazze venduta da Antonio Cermisoni ad Antonio Cozza il 5 ottobre 1601 insieme con la giurisdizione della Beccaria e relativa casa di abitazione.

 

Ai Beni Inculti di Venezia i proprietari degli opifici mandavano i loro diritti di uso, come Iseppo Fratello e cugino Ronchin, i quali, il 5 dicembre 1696, fanno sapere di essere in "possesso della mettà de un edifizio de maglio da Rame in Villa di Montorio Terr. Veronese in Contrà delle Ferrazze sopra l’acqua del Fibio, stante giustificazione delli loro antichi diritti".

 

Mentre il 22 maggio 1697 Pier Francesco Spinetti "conferma il possesso di 2 rode da molin 2 rode di Cartera 2 di battifero a Ferrazze".

 

Una seconda mappa del 1724 del supplicante Antonio Spinetta viene disegnata per chiedere ai Beni Inculti il permesso di commutare un edificio ad uso maglio in uno ad uso folla da panni "senza verun aumento di acqua", probabiImente per richieste maggiori nel settore dei tessuti e vestiti.

 

Il disegno planimetrico ci indica con precisione la posizione esatta degli edifici rispetto al fiume ed il loro uso industriale. Nel 1744 la famiglia Zenobi acquista metà dell'edificio da "batter rame posto sopra l’acqua del fiume Fibio in pertinenza di Montorio loco detto le Ferrazze Territorio Veronese".

 

Due anni dopo, nel 1746, Bernardo Pilvetti acquista metà del maglio da rame da Iseppo Fratello e cugino Ronchin.

Un disegno del 1754 ci conferma la collocazione edilizia precedente, con i vari isolotti che dividevano il corso del Fibbio a sud delle Ferrazze, le proprietà dei frateIli Marchenti e della famiglia Zenobio con l'osteria e beccaria, più a nord delle case rurali del Finiletto Marchenti.

 

Ottavio Cagnoli nella sua "Verona e provincia" del 1849 scrive: "Non si potrà tacere sul maglio da rame e su quello di ferro dell'egregio amico Giulio Nicolini, situati alle Spinette delle Ferrazze, nel vicino comune di Montorio, alimentati dalle acque del Fibbio. Si prestano detti edjfizii a qualunque lavoro; il maglio da rame pone in moto un anno con l’altro libbre 100.000 di rame lavorato; da quello di ferro, unico nel veronese, non può precisarsi la lavorazione in quanto che serve a tutti i bisogni nuovi, o di restauro, parte a peso, parte a numero: l'oculato proprietario non omette cure, perché il pubblico trovi nella Provincia quanto, e meglio, ritirarsi potrebbe da altre, ciò che dev'essere la precipua mira dei fabbricatori, e a decoro proprio e perché i capitali vengan tutti dispendiati a favore dei lavoratori nostri, anziché degli altri esteri: nel comune di S. Martino v'hanno due altri magli da rame, ma cedono nell'operosità a quello di Nicolini".

 

Gli opifici, alla fine del 1800, subiscono una rapida trasformazione industriale, dettata dal progresso e dalle leggi di mercato. Nel 1882 registriamo una trasformazione radicale del sito con una ristutturazione generale, dove altre strutture si addensano a quelle precedenti riconvertendo i vecchi opifici in una fabbrica che per quasi un secolo produrrà derivati dell'olio.

 

Planimetria degli anni '30, che riporta la situazione degli opifici.

 

 

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