Devozione popolare alla Ca’ Brusà di Marcellise
Madonna in trono con Bambino Gesù, sant’Antonio abate e san Carlo Borromeo
Scheda Artistica - Dott. Roberto Alloro
Sulla facciata della casa posta a Marcellise, in Via Ca’ Brusà, al civico 7, è conservata una delle rare testimonianze pittoriche marcellisane di devozione popolare così frequentemente attestate, invece, nella vicina Lessinia.
Si tratta di un antico affresco, databile approssimativamente ai secoli XVII/XVIII, raffigurante una sacra conversazione. Al centro, assisa su un trono monumentale, la Vergine Maria con il Bambino Gesù. Ai lati, i santi Antonio abate, a sinistra di chi guarda, e Carlo Borromeo, a destra. Un’ampia cornice, costituita da una fascia multicolore quasi del tutto cancellata da intonaci posteriori, circonda il riquadro.
Lo stato di conservazione complessivo dell’opera non è particolarmente felice e, soprattutto per la metà inferiore, si deve registrare la caduta quasi totale del pigmento colorato a causa del dilavamento atmosferico. Ciò nonostante, la protezione offerta dalla gronda ci permette di continuare a godere di questo brandello di religiosità nelle sue parti più qualificanti, ossia i volti e i busti dei soggetti rappresentati.
La figura di Carlo Borromeo è una testimonianza della florida devozione tributata a questo santo che - si racconta - passò nelle nostre zone diretto a Trento per partecipare al Concilio, lasciando dietro di sé una scia di episodi miracolosi. Il corpulento santo, identificato dall’abito vescovile (veste bianca, mantellina rossa e berretta), è raffigurato di tre-quarti, in atteggiamento di preghiera, con le mani giunte all’altezza del petto. Il volto, invece, è disegnato di profilo, per la necessità di rendere immediatamente evidente l’attributo distintivo, ossia il naso assai pronunciato. I capelli castano scuro e il filo di baffi che sembra di intravvedere ne definiscono la maturità piena e vigorosa.
Più antica e storicamente legata alla campagna e alla protezione degli uomini e degli animali la figura di sant’Antonio abate, il monaco eremita qui in veste marrone e ampio mantello bianco. I capelli canuti e la lunga, folta, barba bianca lo descrivono ormai anziano. Nel palmo della mano sinistra brucia un vivace fuocherello, che declina le generalità del santo. Sant’Antonio abate, infatti, viene invocato anche contro gli incendi e questo potrebbe essere collegato al rogo che certamente diede origine al microtoponimo (Ca’ Brusà, casa bruciata) .
Il trono monumentale che domina il centro dell’affresco è rappresentato con resa prospettica ingenua, del tutto in linea con il tenore complessivo dell’opera. Dietro al sedile che accoglie la Madonna si alza un ampio schienale di gusto gotico contraddistinto da tre sfere color ocra (ma originariamente forse dorate) poste nella parte superiore dei montanti lunghi e sul vertice della cimasa triangolare, mentre su ciascuno dei montanti corti si vede una piccola piramide gialla. La struttura lignea del mobile è dipinta di verde, con imbottitura scura, e si presenta di fattura semplice ed austera.
La Vergine ha un ampio viso sereno incorniciato da lunghi capelli biondi solo parzialmente coperti da un velo bianco. Sopra la veste (rossa?) indossa un ricco mantello di colore chiaro con bordo profilato d’oro trattenuto al centro da un fermaglio. Nella mano destra tiene il globo rappresentante il mondo su cui domina il Signore Gesù, che ella sorregge tenendolo in piedi sulla coscia sinistra.
Il Bambino benedicente ha i capelli castano chiaro ed indossa una veste semplice lunga fino ai piedi, che spuntano nudi dall’orlo inferiore, indossata sopra un indumento bianco di cui spunta il colletto.
In basso, ai piedi di Maria, si distingue ancora la sagoma di un’altra figura, molto deteriorata ed illeggibile.
[Pubblicata su "Qui SanMartino, dicembre 2010]