Home  Paese

 

 

 

 

EL CAMILLION

 

STORIA DI UN QUARTIERE MILITARE TRA XVI e XX SECOLO

 

di Sergio Spiazzi

 

Piazza Garibaldi (il Camillion) - S. Rocco

Foto A. Scolari  26/12/2004

 

Livio Croin, nella sua guida del 1961, descrive così l’antica Strada Comunale Camillieri o Piazza S. Rocco: “La via XX Settembre immette in Piazza Garibaldi o Camillion, la quale è oggi forse la più brutta e antiestetica del Comune. E’ a forma di ferro di cavallo e qualcuno la chiama con termine proprio quartiere cinese: Un tempo, quando il Municipio e le Scuole Elementari erano in una costruzione adiacente all’entrata della piazza, il Camillion doveva senz’altro essere un agglomerato urbano importante e più decente…”.

 

Chi non ricorda il  Camillion, quando ancora era abitato da numerose famiglie proletarie che stendevano i panni attorno al grande gabinetto al centro della piazza, ancora da asfaltare, quando non c’era il ponte sul Fibbio e le donne andavano a fare il bucato, con l’asse da lavar, sul greto del fiume? Quando frotte di ragazzini che si organizzavano in bande per tirarsi le pirole o gareggiare a s-cianco e nascondersi dietro al “cesso” e fino al buso del gato di Corte Garibaldi, passavano serene giornate di gioco? I ragazzini si sfidavano a partite di calcio infinite (quante stelle del calcio si formarono) o con le figurine, mentre le ragazzine giocavano alla teppa, prima di essere chiamate dalla mamma per andar a prender l’acqua alla pompa della piazza o secchi di carbone per accendere la stufa della cucina.

Il Camillion era una grande famiglia che sapeva organizzarsi e divertirsi, condividendo ciò che aveva a disposizione. Nei giorni festivi le donne anziane organizzavano mitiche tombole e ognuno si portava la sedia da casa. Al sabato c’era il grande mercato del paese che animava la piazza. Durante la festa del patrono arrivavano le giostre con gli autoscontri e la famosa calcinculo”, anche se qualcuno si lamentava per il rumore chiassoso provocato dai baracconi ambulanti. La piazza ospitava anche i tendoni del circo o delle compagnie teatrali itineranti. Mi ricordo di una commedia drammatica, tratta dal libro Cuore, vista con la mia classe delle elementari alla fine degli anni ’50, “Sangue romagnolo”.

Negli anni settanta arrivarono anche le serate teatrali estive del Circolo Culturale e le feste di partito, famosa era la festa dell’Unità, che si trasferì appena fatto il ponte sul Fibbio, a metà anni ‘80, nel piazzale della scuola media.

Un tempo il quartiere si chiamava Piazza S. Rocco, santo invocato per essere protetti dalla peste, che la contrada festeggiava, la notte tra il 15 e 16 di agosto, con grande festa di luminarie, bandierine colorate e canti sacri. La statua si trova ancora in un’edicola sulla prima casa a sinistra, all’entrata della piazza.

Se il termine Camillion può forse derivare dalla Strada comunale Camillieri (come ritroviamo sulla mappa catastale del 1905), più complessa è la storia del quartiere.

 

Nell’estimo del 1766 troviamo alcuni elementi che ci indicano terreni e case di proprietà comunale a sud-est dell’attuale piazza, che servivano da alloggiamento ai Corazzieri della Compagnia del Conte Pompeo Pompei. Già nell’estimo del 1628 è ricordato “… un lozamento che ha convenuto fabricar per dar alloggiamento alla natione de soldati Capeletti…”.

In una mappa del 1771 di Antonio Schiavi è disegnato l’antico Tezon del Salnitro, edificato nella seconda metà del XVI secolo, che si trovava a sud-ovest dell’attuale piazza. Nel Tezon, che era una grande stalla, si trovavano circa 200 pecore che permettevano, attraverso un processo di decomposizione delle loro deiezioni liquide e solide (mescolate con terre opportunamente scelte insieme all’ “acqua madre”), di ottenere il salnitro (nitrato di potassio), per la produzione della polvere pirica.

 

Oltre a S. Martino, durante la Repubblica Serenissima, nel veronese si trovavano altri 12 tezzoni: (Verona (due), Veronella, Bussolengo, Villafranca, Isola della Scala, Cerea, Soave, Legnago, Lazise, Minerbe e Cologna Veneta)[1].

 

Dall’arrivo di Napoleone in Italia, nel 1796, fino alla fine delle guerre d’Indipendenza (1866) il paese di San Martino rimase protagonista di numerose vicende storiche. Francesi, russi e austro-ungarici passarono, si fermarono, fecero ingenti danni edilizi e tagliarono tutte le piante esistenti in paese e dintorni.

La posizione del municipio e le proprietà comunali adiacenti trasformarono a poco a poco l’area in un quartiere militare. Il vecchio tezzone o stalla/capannone del salnitro oramai era in disuso. La polvere pirica diventò una faccenda chimica e non più relegata alle “deiezioni” naturali delle pecore. Nel 1832 vennero messe a bando le preziose acque madri e poi nel 1836 anche il Tezon.

.

La struttura venne acquistata nel 1837 da un certo Giuseppe Paronzini di Verona che presentò, subito dopo, un progetto (esistente in Archivio Comunale) di demolizione del Tezon e costruzione di un edificio ad uso abitazione (trattasi del fabbricato ancora esistente prospiciente Piazza Garibaldi, di fronte a Via Roma, la via della stazione ferroviaria).

Nel Catasto Napoleonico del 1816 il Camillion non era ancora edificato come spazio chiuso. Troviamo invece, prospiciente all’attuale Via XX Settembre, un edificio (ora casa Cristofori-Racasi), adibito a Residenza Comunale e Scuola. Nel Catasto Austriaco del 1848 sono indicate, adiacenti alla Residenza Comunale, alcune caserme per la Fanteria e la Cavalleria.

Lo sviluppo della piazza avvenne tra il 1848 ed il 1859, durante le guerre d’indipendenza, con la costruzione, da parte del Paronzini, di edifici militari per le truppe austriache, adibiti a magazzini, sellerie e stalle per cavalli, al piano terra, e ad alloggio dei cavalleggeri al piano primo. Questi edifici venivano affittati al comune di S. Martino, obbligato per legge a dare alloggio alle truppe di passaggio e alle guarnigioni che dovevano controllare la strada Imperiale che collegava Verona a Vicenza. Nel 1859 si contavano diverse stalle che potevano contenere fino a 360 cavalli. Altri edifici vennero successivamente costruiti a ridosso delle cortine laterali, fino a completare gli spazi disponibili, definendo la forma attuale della piazza.

Alla fine della guerra d’indipendenza, nel 1866, San Martino diventò italiana, le case militari non servivano più. Gli edifici vennero trasformati in abitazioni popolari e dati in affitto a famiglie provenienti dalla montagna, in cerca di lavoro in paese.

Nel 1881 venne aperto lo zuccherificio Ligure Lombardo, poi la Cereria Barbieri, le Cantine Sterzi, l’Oleificio Sacchetti, il Cotonificio Crespi.

La contrada perse la sua centralità quando il Comune di S. Martino spostò la sua sede municipale nell’attuale palazzo, acquistato nel 1897 dalla famiglia Ferruzzi.

Agli inizi del 1900 il quartiere venne chiamato “Contrada S: Rocco”, come ricorda una relazione datata 1903 del Commissario Straordinario Guido Ravignani: “In seguito a reclamo firmato da 14 persone, per la posizione in cui trovasi l’orinatorio in contrada S. Rocco, incaricai Vecchietti Ernesto di approntare un progetto per la costruzione di un riparo in ghisa e lamiera di ferro, come in altre località del capoluogo…”. L’orinatoio probabilmente divenne il famoso “cesso”, demolito a metà anni 60 del secolo scorso.

Nel 1914, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, la piazza e la corte contigua vennero intitolate, a sottolineare l’italianità del paese, a Giuseppe Garibaldi.

 

 Mappa del 1887 con la Piazza e la Corte Garibaldi già definite nella forma attuale.

 

 

Durante la Grande Guerra, dopo la disfatta di Caporetto e fino alla fine del conflitto, San Martino diventò sede della Prima Armata. A Villa Musella il comando, in paese gli ufficiali e in Camillion le truppe.

 

Nel 1924 c’era chi aveva proposto di mettere in mezzo alla piazza un padiglione per il bestiame di passaggio (meno male che non venne edificato). Durante il fascismo, in Camillion era facile trovare socialisti o comunisti da schedare o mandare, dopo l’8 settembre del 1943, in un campo di concentramento in Germania.

 

Durante la guerra venne fatta sul Fibbio una passerella in legno per scappare, in caso di incursioni aeree, verso la Musella, per proteggersi dai bombardamenti sotto ai ponti dei fossati o nel rifugio del Polerin. San Martino venne pesantemente bombardata e diverse furono le vittime del conflitto. Dopo l’8 settembre 1943 arrivarono i tedeschi che rimasero a Villa Musella fino al tragico epilogo del 26 aprile 1945, la strage di San Martino, Ferrazze e Montorio.

Ricordiamo soprattutto l’oste della Corale, Ferrarin Vincenzo, che per soccorrere alcuni combattenti venne ferito a morte, davanti all’entrata della Musella in Via Pasubio. Spirò alle 2 di notte del 28 aprile all’ospedale Maternità di Verona. Una targa posta dalla famiglia lo ricorda al n. 55 di Piazza Garibaldi [2].

-------------------

 

[1] S. Spiazzi, S. Martino Buon Albergo La grande guerra, Volume I, 2015. Per la storia del Tezon e del quartiere militare del Camillion consultare il volume da pag. 20 a pag. 54.

[2] S. Spiazzi, San Martino Buon Albergo La Seconda Guerra Mondiale, 2018.

 

 

 Pagina precedente