Home  Paese

 

 

San Giovanni Evangelista e San Benedetto (Francesco Morone)

 Foto -  Roberto Alloro.

 

Scheda Artistica - Dott. Roberto Alloro

 

San Giovanni Evangelista e San Benedetto (Francesco Morone).

 

Il quadro, conservato nella chiesa parrocchiale di Marcellise, fa parte di un gruppo di quattro tele commissionate nel 1515 dall’abate del monastero benedettino di Santa Maria in Organo ai pittori Girolamo Dai Libri e Francesco Morone per decorare le portelle dell’organo costruito una decina d’anni prima. Rimossi dal sito originario e quindi asportati entro il 1775, i quadri giunsero alla famiglia patrizia Dal Pozzo e furono ospitati nell’oratorio di San Giovanni Battista a Casa Pozza.

 

Nel 1808 vennero donati dal conte Bartolomeo – che diceva di “non sapere che farsene” e che “altrimenti li avrebbe fatti abbruziare” - al parroco di Marcellise. Successivamente, furono al centro di una lite giudiziaria (1819-1822) tra la locale Fabbriceria (l’ente preposto all’amministrazione del patrimonio della parrocchia), allora impegnata nella costruzione della nuova chiesa, e gli eredi del precedente possessore. Il trasporto delle grandi tele da Casa Pozza alla chiesa di Marcellise sopra un carro di fieno è forse all’origine di una suggestiva leggenda che, sebbene infondata, stenta a sgomberare il campo.   

 

 

A sinistra Giovanni Evangelista, apostolo e santo, in veste rossa e manto verde, regge una coppa nella mano destra e un libro nella sinistra. L’attributo della coppa, dalla quale sta fuggendo un aspide, simbolo del demonio, è frequentemente attestato tra il XIII e il XVII secolo e rimanda alla leggenda secondo cui Giovanni bevve indenne da una coppa avvelenata offertagli da un sacerdote pagano dopo aver fatto su di essa un segno di croce. Un tempo la coppa era conservata, tra altre reliquie del santo, nella basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma, costruita in suo onore. Il libro nella sinistra è il Vangelo scritto da Giovanni, autore anche dell'Apocalisse e di Lettere. L’Evangelista ebbe un posto speciale tra gli apostoli e una particolare intimità con Gesù, tanto da chiamare se stesso «il discepolo che [Gesù] prediligeva».  

 

 

A destra san Benedetto da Norcia (c. 480-547), fondatore dell’ordine che da lui prese il nome e patrono del monachesimo occidentale, è raffigurato in età matura ma ancora valida, in veste bianca, intento a leggere il libro che tiene nella sinistra, mentre con la destra regge il pastorale. Il colore dell’abito, che si distingue da quello nero caratteristico dei monaci benedettini dei primi secoli, è un esplicito richiamo alla committenza veronese, appartenente alla congregazione benedettina di Monte Oliveto Maggiore. Il volume è, naturalmente, la Regola scritta da Benedetto per il suo ordine (contiene il celebre motto “Ora et labora” - Prega e lavora), perfetta fusione di dottrina e di norme pratiche ad uso dei monaci ed opera di eccezionale influsso nella spiritualità della Chiesa. Il pastorale, il bastone simbolico conferito ai vescovi, rappresenta l’autorità ecclesiastica e il potere spirituale riconosciuti al fondatore della famosa abbazia di Montecassino.  

 

 

Sopra i due personaggi pende il ramo di frutti riprodotto anche nel quadro con le sante Caterina d’Alessandria e Maria Maddalena, pure custodito nella parrocchiale di Marcellise, che decorava la portella esterna destra e completava il ciclo pittorico esteriore dello strumento di S. Maria in Organo.  

 

 

Sullo sfondo si gode un vasto paesaggio familiare e caro ai veronesi, fatto di colline e di monti in lontananza, con prati, pascoli, macchie di bosco e rare tracce di insediamenti antropici.

 

 Pagina precedente