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Alonzo Matilde in Compri: Scrittrice
Chi ha la
fortuna di conoscerla sa che, quando la incontra, avrà sempre il regalo del
sorriso che la illumina tutta e della sua disponibilità. Come quando la sua mamma si è trascinata in una malattia lunghissima e lei l’ha assistita con una dedizione che pochissimi figli potrebbero avere.
Matilde
è una persona che trasmette la gioia di vivere e la voglia di tirare avanti
malgrado tutto, non abbassa mai la
testa e va sempre con il cuore oltre all’ostacolo.
Matilde è una persona libera, creativa, di moderna sensibilità.
Le sue fiabe, pubblicate nel giornalino della Parrocchia “Qui San
Martino” nascondono, dietro un testo semplice ed un linguaggio facile, una
profondità che potrebbe servire ai genitori di oggi per creare un dialogo (quasi sempre assente purtroppo!!) su
problematiche fondamentali.
Di
sé stessa scrive:
“E’
nata a Roma il 22-07-1937. Si è laureata in Lingue e letterature straniere
presso la facoltà di Magistero in Roma. Ha vissuto a Velletri fino al 1972.
Risiede attualmente a S. Martino sin dal maggio 1972. E’ sposata e ha tre
figlie nate a Verona.
Insegnante di lingua francese ha attraversato gran parte della penisola
italiana da Cori (LT) a Colleferro (RM), Velletri (RM), S. Gregorio Magno (SA),
Lavagno e S.Martino B.A.(VR).
Questi itinerari professionali ed umani hanno contribuito, insieme alla
famiglia di origine, alla sua formazione sia come persona, che come insegnante.
Le esperienze umane sono state per
lei molteplici, a volte drammatiche."
Una delle tante, abbastanza determinante, è stata quella vissuta,
durante la seconda guerra mondiale, nel 1944, dopo la sbarco alleato ad Anzio che si trova a 15
chilometri da Velletri.
La famiglia di Matilde viveva a Velletri nel centro della cittadina, era
famiglia agiata, anche perché il padre era responsabile del locale Ufficio del
registro e ipoteche.
Per capire altri sviluppi dei fatti bisogna far presente che, a
quell’epoca ogni funzionario statale doveva recarsi al lavoro con la divisa,
come se fosse un qualsiasi milite fascista.
Quando avviene lo sbarco delle truppe americane ad Anzio i tedeschi
ingaggiano una battaglia disperata per impedire la conquista di Roma e,
dall’altra parte, gli anglo-americani si muovono con altrettanta
determinazione per avanzare.
Purtroppo Velletri si trova sul percorso che da Anzio arriva a Roma per
cui diventa terreno di scontri violentissimi tra: tedeschi, americani, fascisti
e partigiani. La cittadina viene bombardata da entrambi i contendenti e,
praticamente, rasa al suolo. “Sotto le case ricostruite dopo la guerra ci
sono ancora moltissimi morti”.
Una fredda mattina d’inverno, alle otto di mattina, una bomba colpisce
e rade al suolo il Liceo locale, fortunatamente vuoto, vista l’ora, e la
vicina casa di Matilde.
Il padre (che è già vestito per andare a lavorare), cioè in divisa ,
con stivali e cappotto d’ordinanza fa rifugiare la moglie, la madre e la
piccola dietro la porta di casa, aperta a libro, fino alla fine del
bombardamento.
Nello
spostamento d’aria resta con un solo piede calzato. Praticamente la casa è
sventrata, invivibile, ed da quel momento tutti loro non posseggono altro che
quello che indossavano prima dello scoppio.
A
Velletri non si può più stare, la famigliola decide di recarsi a Roma.
La
mamma di Matilde, donna di una grande forza d’animo, malgrado sia stata ferita
da una scheggia ad una gamba, nasconde
nella cintura del vestito che indossa (l’unico che le è rimasto) i gioielli di famiglia e spinge tutti ad andarsene al più presto.
I
quattro partono, con loro c'è anche l'anziana nonna, ma il padre, con un solo piede calzato e con una divisa che
potrebbe far pensare ad un gerarca fascista, segue alla lontana la “vecchia”
la “ragazza” e la “bambina”.
La
ferita alla gamba della mamma di Matilde si infetta, si comincia ad usare un gioiello, nascosto nella cintura per comprare alla “borsa nera “
del sale con cui eliminare l’infezione.
Il
gruppo procede lungo i monti Apennini: Lepini, Pennini, le donne aprono
la strada con il padre che le protegge seppure nascosto.
Potrebbero
incontrare qualsiasi gruppo di mal intenzionati, per fortuna a loro ”va bene”
perché nella “Ciociara” di Moravia succedono altre cose a donne pressoché
indifese.
Ad
un certo punto il padre di Matilde viene catturato dai tedeschi e riportato
verso Velletri per lavorare al ponte di Ariccia. Da lì fuggirà, si arruolerà
nei partigiani. Alla fine della guerra
Per
arrivare a Roma le tre donne impiegano
SEI MESI nutrendosi di quanto trovano via via nei campi: anche bucce di piselli, di fave, di erbe fornite dai campi e di quello che, con “i
gioielli della cintura “ si può acquistare a caro prezzo.
A
Roma vanno a vivere in via Po, presso due parenti, signorine piuttosto
anziane, che avevano presso di loro anche un’altra famiglia. Matilde si
meravigliava che in certi momenti gli altri ospiti sparivano improvvisamente.
Finita
la guerra scoprì che si trattava di una famiglia ebrea che si nascondeva quando
una “soffiata” faceva temere un rastrellamento.
Le
tre donne si trasferiscono poi in un appartamentino vicino alla chiesa di Santa
Maria Maggiore. Il ricordo delle campane di Roma che a mezzogiorno si fanno eco
sono rispecchiate nella poesia: Natale romano.
La
famiglia, finalmente al completo, ritorna a Velletri dove il papà ha
l’incarico di ripristinare la legalità dello stato nel campo di sua
competenza.
Per
la mamma di Matilde, così forte nei periodi bui, il ritorno è
doloroso: la sua vecchia casa non c’è più e le “sue cose” (mobili,
biancheria, suppellettili) neppure. Per un anno cederà alla depressione, ma, al
suo posto c’è la nonna!!
Matilde
dice ancora di sé: “La serenità, l’ottimismo e la forza di volontà del suo carattere mi hanno sempre aiutata a superare con tenacia le prove della vita.
Nell’attuale arco
discendente, ha scoperto in me il desiderio di parlare ancora a bambini e
ragazzi in modo semplice e fantasioso scrivendo dei racconti brevi che
contengano, comunque, dei messaggi positivi alimentati dalla creatività.
Liberare
la fantasia, immaginare il futuro, rappresentare un’idea, disegnare un sogno,
significa crearsi due ali per andare là dove i nostri progetti prendono il
volo.
Per lei, anche attualmente, (permettimi invece di scrivere: come sempre) la spinta interiore è essenziale e positiva. Racconti e poesie sono il suo modo alternativo per essere se stessa, a volte ironicamente, amando il mondo dei bambini e dei ragazzi.
Questo mondo pulito è sporcato
dagli adulti con le loro sovrapposizioni e contorsioni.”
La
Prof.ssa Matilde Alonzo Compri collabora con il mensile della Parrocchia: “Qui
San Martino“ con “fiabe per bambini” che però,
lette con attenzione, sono messaggi anche per gli adulti.
I
genitori potrebbero dedicare un piccolo spazio di una loro sera per leggerne
qualcuna con i propri figli e, magari, discuterne. Sicuramente sarebbe un’esperienza più positiva della TV.
Matilde
offre al sito tre fiabe e tre poesie. Luglio 2005 - Intervista di A.Solati
OOOOOOO
Un re triste
Nel
regno di Felicilandia, la vita scorreva calma e tranquilla. Tutti gli abitanti
erano sempre sereni dalla mattina alla sera, qualunque cosa facessero. Passeggiando o correndo, i volti esprimevano un sorriso accattivante. Solo il re di questa comunità non era felice. Passava le sue giornate rinchiuso nel suo castello le cui finestre erano sempre chiuse e gli scuri non permettevano alla luce di filtrare.
I servi correvano ai suoi comandi che risuonavano forti, minacciosi e
imperiosi, per rispondere alle chiamate del loro re. E correvano, correvano
dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina perché, purtroppo, il re non
si stancava, seduto sul suo trono di giorno o coricato nel suo letto. Ogni
giorno era uguale all’altro.
Vi
chiederete: perché tutto questo?
Il re, come si sussurrava nelle stanze del castello, non ci vedeva bene e
la luce lo infastidiva; per di più sembrava che non ci fosse rimedio a questa
situazione. Le luci lo abbagliavano, le figure e le cose davanti a lui erano
ombre non delineate. Mentre nel suo regno si gioiva, egli nel suo castello
soffriva.
Un giorno emanò un editto che il banditore declamò per le vie del
regno: “Chiunque ha un’idea per risolvere il problema della vista di Sua
Maestà, sarà premiato con mille monete d’oro”.
Ognuno, nel paese, cominciò a pensare e a realizzare. Il primo suddito
che si presentò gli porto un alambico in cui aveva versato un filtro che, a dir
suo, era miracoloso. Bastava iniettare qualche goccia ogni giorno per trenta
giorni e il miracolo si sarebbe realizzato. Il re provò, ma diventò ancora più
furibondo e cacciò il suddito in malo modo.
Così si succedettero tanti altri, senza alcun risultato. Al novantesimo
giorno si presentò un ometto che offrì al sire, su un cuscinetto, due vetri;
così sembravano all’apparenza, rotondi come gli occhi, legati da un
cerchietto e da due fili di ferro leggeri che si arcuavano dietro le orecchie.
Il
re li esaminò e fece per urlare, ma la voce dell’omino lo fermò: “Sire,
provate e sarete felice”.
Lentamente
il nuovo oggetto passo sul volto del monarca che, istintivamente, si alzò e
fece qualche passo per la sala, dirigendosi poi verso le ampie finestre.
“Ci
vedo, ci vedo”, gridò.
“La
luce non mi dà più fastidio”. Cominciò a correre di qua e di là. Si guardò
allo specchio: “Beh, sono un po’ strano; come farò ad affrontare i miei
sudditi?”.
“Provate”,
disse l’omino.
Il
re ordinò i suoi vestiti migliori ed uscì con il suo seguito. Tutti rimasero
incantati nel vederlo salutare festosamente. In fondo, era il primo uomo che
portava due vetri sul naso che gli consentivano di vedere perfettamente, e lui
era il re. Era giusto che fosse diverso dai suoi sudditi, pensò: aveva qualcosa
in più.
ComputerlandiaNel paese di Computerlandia, tutto sembra funzionare perfettamente: ci sono robots, tastiere e programmi dappertutto. Spingi un pulsante e tic, tac, zam, zum, puoi avere tutto quello che ti serve in mezzo secondo.
Gli
esseri umani dovrebbero essere felici: non più file chilometriche agli
sportelli, agli uffici, niente più errori umani, perché le macchine sono
perfette.
Anche
in campagna, dalla casa del contadino, un piccolo computer mette in movimento
tutte le macchine secondo la necessità e le stagioni. Primo programma zappare,
secondo programma seminare, terzo programma sistemare, quarto programma
innaffiare e coì via per mietere, falciare, trebbiare, raccogliere frutti.
Dietro i vetri di una finestra della sua casa, Nicole non è felice: si
sente intrappolata tra le macchine ed il video e non può correre tra i campi o
sotto gli alberi perché si possono interrompere i circuiti facendo scattare
azioni diverse e contrarie che mandano tutto in tilt.
Nicole un giorno interrompe tutti i circuiti, spegne la macchina
infernale e fugge via portandosi una gallina. Si cotruisce una casetta sugli
alberi di un bosco per essere più tranquilla, mentre Gallina si nasconde sotto
il piccolo tavolo.
Quando
Nicole ha fame, Gallina fa le uova e si pavoneggia felice. Nicole può, ora,
correre felice anche sulla neve, sui prati; può dissetarsi al ruscello,
cogliere i fiori in primavera, vedere le stelle dalla sua casetta tra gli alberi
e sognare di essere come un cerbiatto libero e felice senza essere programmato.
La sua casetta è veramente deliziosa: spesso Nicole, sotto l’albero,
naso all’insù, si mette ad osservarla ed è soddisfatta. Sembra anche lei
felice, con le sue finestre che la guardano come due grandi occhi e l’entrata
che sembra una bocca sempre sorridente. Il tutto, poi, è fatto di piccole
tavole ricoperte di fronde e di rami intrecciati.
Anche
i suoi amici si sono costruiti le loro casette sugli alberi e quando si
incontrano nel boschetto si sente un allegro cinguettio fatto da voci di bimbi e
di canti di uccelli.
Gallina è cresciuta: becchetta tutto quello che trova in terra e canta
felice quando l’uovo è pronto. Nicole la prende sempre in braccio per
portarla in casa perché Gallina ha fame. Chiude sempre gli occhi rotondi e le
penne le tremano un po’. Quando arriva su, non si affaccia molto alla finestra
perché le gira la testa e se dorme forse sogna pollai.
La sua padroncina, comunque, non rimpiange le macchine indiavolate. In un
piccolo prato erboso, ha piantato dei fiori che cura con amore, prendendo
l’acqua per innaffiarli al vicino ruscello. Coltiva anche un orticello
seminando con le sue mani dopo aver fatto il solco ed assiste, giorno dopo
giorno, alla crescita delle piantine.
E’
stata proprio una brutta idea idea quella di interrompere i circuiti?
La
città della fantasia
Idea,
da tempo sonnecchiava nella mente di Gelsomina: continuava a sbadigliare e a
dormire avvolta da un grande torpore. Era stanca di star là in quell'angolo
della mente senza uscir fuori a realizzarsi. Ogni tanto batteva all'uscio, ma la
porta non si apriva mai.
Finalmente,
un giorno, fu svegliata da una grande confusione intorno a sé. Si stiracchiò,
si sgranchì ed osservò il movimento che c'era intorno a lei. In effetti,
Gelsomina stava scervellandosi, quasi impazzita, perché doveva partecipare ad
un concorso e cercava Idea, colei che aveva in sé sempre, delle genialità.
Doveva inventare una bella fiaba per poter riuscire a vincere un bel premio.
Idea si rallegrò e si mise subito al lavoro: era giunto, infine, il momento magico per
sprigionare la sua vitalità.
Gelsomina
prese la penna ed iniziò a scrivere sotto l'impulso di idea. C'è una città,
la città della Fantasia, in cui ciò che accade ogni giorno è meraviglioso e
fa sognare e sorridere; le macchine corrono, passano più o meno veloci, ma non
sono quelle di tutti i giorni, quelle che siamo abituati a vedere. Una topolina
con le ruote a lumaca, occhi furbi e astuti che lampeggiano, sfreccia per modo
di dire seguita da un mostro enorme, un ippopotamo autobus con tante porte e
finestrone su due millepiedi giganti che sembrano sorridere felici nonostante il
grosso peso. Le voci dei ragazzi appaiono come fantasmini luminosi che si
accendono e spengono su una specie di cassa sostenuta da zampe. E' un autobus.
In questa città ci sono degli esseri grandi e gonfi che sembrano palle colorate
sospese a dei fili: a volte toccano terra e rotolano, rotolano invece di
camminare. La scuola che si trova in Via Fantasilandia, è una scatola enorme:
le grida dei bambini si trasformano in fiocchi colorati ed escono dal tetto
coperchio.
Quanti
colori e forme diversi! Piccole, grandi, code arricciolate leggere, quasi
evanescenti portate dal vento e che si innalzano verso il cielo. Sembrano tante
piccole stelle che brillano sotto i raggi dei sole. E le teste dei ragazzi? Non
ci sono più; al loro posto ci sono i sogni e i desideri. Mario è una torta
perché è goloso, Lucia, una farfalla perché ama volare, Sabrina, una nuvola
perché ama nascondersi, Cristina una lucciola, Giuseppe un'astronave perché
ama lo spazio, Nicola un mappamondo perché ama viaggiare, Francesca un'ostrica
con la sua perla perché ama il mare. Sulle rotaie dove, di solito, passa il
tram, arriva cigolando un dinosauro molto vecchio, ansimante e quasi sfinito.
Quanti millenni ha dovuto percorrere per arrivare in questa città portando nel
suo pancione - vagone tutta la sua storia! Anche i cartelli stradali cantano
muovendosi tutti e prendendo in giro con varie smorfie i pedoni fantasia che
emettono palloncini di forma e colore diversi secondo i suoni, pedonando su
passaggi pedonali con tante zebre sdraiate. Che strana città! E' l'espressione esplosiva, contorta, fantasiosa della libertà di ogni essere umano non più avvolto da abiti, che esprime se stesso nei suoi pensieri, desideri nascosti senza fingere. Del resto che cos'è Fantasia? Si chiede Idea. Gelsomina con l'aiuto di Idea ha voluto realizzare una vita particolare, in una città da sogno nella quale tutti i bambini possono rifugiarsi per alimentare la loro creatività. Idea è nata un'altra volta: Gelsomina è soddisfatta e lascia che nella sua mente tutto torni tranquillo, ora, a lavoro finito.
Mani
Ho
visto mani tese perché non hanno.
Mani
alzate in segno di resa
mani
che impugnano armi e che uccidono spietate.
Ho
visto mani osannanti alzate
mani
che lanciano pietre acuminate
anche
per gioco
da
menti che di umano hanno poco.
Ho
visto mani piene di polvere bianca
per
denaro da una parte
per
esaltazione dall'altra.
Quante
mani sporche di pianto!
Mani
contro un muro
perché
imprigionate
mani
vuote e tormentate.
Ho
visto mani giunte che implorano
mani
pietose ed avvolgenti
mani
consolatrici anche so non hanno niente.
Ho
visto mani benedicenti
su
capo chino ed addolorato
che
non chiedono beni terreni
ma
avvolgono piene di amore
e
danno molto stupore.
Mani
di ogni colore
che
possono dare calore
e
diffondere terrore
che
edificano ed annullano
si
espongono
Forse
ancora possiamo
cambiare
tutto il male
che
le nostre mani possono dare
e
stringerci mano nella mano
in
una catena di solidarietà
ritrovando
la gioia della fraternità
ed
il valore della vita anche nella difficoltà.
Ci
sono le mani, oggi, di questa
umanità
che sembra avere solo ambiguità.
Sono
più negative di ieri e saranno migliori e positive domani?
Natale Romano Semo vicini ar Natale
E
me ricordo de na storiella
Che
ho sempre cantata
Quando
ero bambina e grullarella
Er
giorno della vigilia
Quanno
ancora se faceva er cenone
Tutto
de magro come recitava
La
santa chiesa, le campane de Roma
Che
soneno sempre er mezzogiorno
Cantavano
così:
S.Pietro:
che c’abbiamo a pranzo, che c’abbiamo a pranzo?
S.Giovanni
in Laterano: pasta e ceci, pasta e ceci
Santa
Maria Maggiore: con che, con che, con che?
La
campanella de le suore vicine: e con le cotichelle e con le cotichelle
Er
cenone tutto de magro
era
così santificato co na minestra
de
ceci e cotichelle che c’avevano
un
sapore da toccà le stelle.
Oggi,
li ceci so de moda
n’antra
vorta per mantené
na
linea vegetariana
e
tené a bada li colestreroli
Tiette
a mente caro lettore
Che
nun s’è finito mai de imparà
Che
la cosa più bella e bona
È
la semplicità.
Il
Computer
Cosa
fa questo giovane intraprendente
dalla
testa quadrata ed incandescente
Che
s'illumina pigiando dei tastini
ed
è eternamente indaffarato ed affannato
dietro
ai mille impulsi
che
è costretto a dipanare
perché
il suo lavoro deve esercitare?
Occhi
fissi sul suo volto
seguono
la puntina che scrive,
cancella,
elabora, avanti e indietro
dalla
mattina alla sera
e
dalla sera alla mattina
dietro
ad una manina
che
graffia, chatta, corre come una topina
tanto
è veloce ed intraprendente
che,
alla fine, è addirittura sorprendente
Ma,
se prende il virus di una malattia
ancora
poco conosciuta
tutto
il mondo impazzisce ed
alla
fine si sfinisce
per
trovare una soluzione
che
sembra senza via d'uscita
perché
la testa quadrata
in
un batter d'occhio si è inaridita
ed
è rimasta senza vita
Forse
l'intelligenza umana
è
ancora alla guida del pianeta
ed
un macchinario sebbene straordinario
non
può sostituire il processo ordinario
di
una mente avvincente
piacevolmente
stupefacente
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