Scolari
A.G., Artista.
Il
padre lavorava presso una Banca veronese, era uomo taciturno, lavoratore
instancabile (percorreva giornalmente il tragitto San Martino - Verona e ritorno
in bicicletta, giunto a casa, lavorava ancora nel suo laboratorio di
falegnameria e nel suo ordinatissimo e fornitissimo orto).
Era
capace di sacrificarsi senza risparmio per gli amici per cui, quando morì
ancora in giovane età, il suo funerale riempì la piazza della chiesa di
persone che ne avevano conosciuto la bontà e la generosità. Per anni poi, in
quell’anniversario, un nutrito gruppo di colleghi si recava a casa sua per
ricordarlo.
La
madre, casalinga, è donna dalla mente aperta,
sempre alla ricerca di sapere per rimanere aggiornata culturalmente.
I
tratti preponderanti del carattere dei genitori si ritrovano nel nostro
protagonista.
Racconta:
“Sono nato nel ’49, in una fredda notte di dicembre in un sottotetto di via
Piave e nei primi mesi di vita, per superare la gravissima polmonite che mi
aveva colpito in quel frangente, sono cresciuto a punture di penicillina, che,
per mia fortuna, era arrivata da poco tempo in Italia.
Sono
stato un bambino vivacissimo, curiosissimo e di imparare i lavori che facevano i
grandi e di conoscere palmo a palmo il territorio in cui vivevo. Si può dire
che ho la memoria storica di come era il Paese dalla metà degli anni cinquanta
in su.
Ho
visto sparire campi e costruire quartieri, ricoprire i fossi che erano le vene
pulsanti del nostro paese e costruirci sopra, distruggere le risorgive delle
basse etc.. (San
Martino).
Ho
affrontato con sofferenza il vuoto nozionismo che, in modo particolare, a quei
tempi imperava in campo scolastico. La mia memoria rifiutava di trattenere
conoscenze imposte senza una valida spiegazione della loro utilità.
Per
questo la mia cultura me la sono costruita personalmente, senza bisogno di
maestri, provando e riprovando testardamente senza arrendermi davanti agli
insuccessi fino a che l’argomento non lo avevo appreso in modo definitivo,
sicuro poi che non lo avrei più
dimenticato.
Ne
consegue che, se da una parte mi è
stato impossibile di riuscire a ricordare una qualche data di Storia, nelle cose
pratiche ed attinenti al mio lavoro, alle mie passioni, tutto mi rimane fissato
nella mente e riemerge con facilità al momento dell’occorrenza e del
bisogno.: es. i vari linguaggi di programmazione che ho imparato, o suonare un
lungo pezzo musicale senza spartito.
Alla
morte di mio padre avevo 18 anni e pur essendo l’unico figlio maschio mi è
stata negata l’esenzione dal servizio militare, allora ho preferito partire
subito.
Sono
stato arruolato nel corpo degli alpini e, dopo il CAR a Cuneo, con una tradotta,
sono stato inviato a Napoli. Era il periodo degli scioperi degli ospedali e
l’atmosfera non era delle più tranquille perché noi soldati eravamo
comandati a sostituire gli scioperanti al Cardarelli.
A
San Giorgio a Cremano, ho fatto il corso di radiotelegrafista.
Poi
di stanza a Bressanone (caserma Schenoni), ho accettato tutte le occasioni per
essere inviato in missione (Valle Aurina, Campo Tures, Brunico, Corvara,
Anterselva, ecc.). Non si trattava di giocare a fare il soldato perché quella
è stata l’epoca degli attentati ai tralicci, i pericoli non mancavano.
In valle Aurina, ad esempio, ero il solo alpino presente nella caserma
dei carabinieri del paese ed ero incaricato di mantenere i collegamenti con le
pattuglie che uscivano per i controlli dell’ordine pubblico.
Si avvertiva tra la gente un’atmosfera di sottile ostilità anche se con me tutti sono stati gentili. Su quell'esperienza ho scritto un libro nel 2006.
Poco tempo dopo aver terminato il servizio militare, sono stato assunto
come ausiliario presso una banca cittadina. Era la qualifica più bassa, quella
dei lavori più umili.
Nel
corso degli anni, anche grazie alla mia preparazione in campo informatico, sono
arrivato ad un livello di carriera che posso ritenere soddisfacente.
Pur
essendo molto impegnato con il lavoro e nel campo sindacale in cui ho ricoperto
cariche anche di livello nazionale, non ho smesso di coltivare e approfondire i
miei interessi artistici e culturali.
All’arte
sono approdato naturalmente, assecondando un bisogno interiore che mi spinge ad
esprimere le sensazioni profonde del momento. Pertanto
posso attraversare lunghi periodi di silenzio interiore e,
all’improvviso, un suono, un colore, un'immagine, generano il bisogno di
rivelarsi nella forma e solo in quella, che l’ispirazione mi impone che può
essere la poesia, la pittura, la fotografia, la musica.
Al centro della mia ispirazione poetica c’è, in generale, l’uomo alle prese con
il rapportarsi con se stesso (Quinto sogno con improvvisazione,
Lone
Wolf
)
e con l’altro (Cioè),
o visto come distruttore e inquinatore del suo prossimo, della natura, del
cosmo (scelta di un binario,
Nostradamus,
L'alba di un nuovo giorno, Come una mosca).
In campo pittorico è sempre la natura la fonte della mia ispirazione. In questo caso però l’uomo non esiste e pertanto essa può essere sé stessa: tragica o serena ma comunque non violentata dal suo “colonizzatore".
Quando
il protagonista è l’uomo esso appare solo, rassegnato, nella strada di
una città quasi galattica in cui gli edifici si protendono minacciosi
per schiacciarlo (L'uomo nella metropoli).
Quest’uomo non è il contaminatore, ma il solitario, il puro che si allontana
da un ambiente nemico che tenta di ghermirlo per fagocitarlo.
Quadri ad olio
- Tramonto con nebbia in musella
- Sogno
Grafica digitale
- La sera
Sculture naturali
- La spirale dello spazio tempo
Disegni
- Sera
La musica è stata una scommessa con me stesso, la più dura in assoluto.
Vedevo i miei amici suonare e leggere gli spartiti ed io mi sentivo un incapace.
La prima chitarra che ho avuto è stata una Echo usata, di quelle super economiche, ogni sforzo era vano, non
riuscivo a tirar fuori niente di buono ... la rabbia cresceva dentro di me,
dovevo vincere quella gara e così ho deciso di comperare una Fender elettrica,
facendomi consigliare da un grandissimo musicista veronese. Poi, è stato come
avere una Ferrari in mano e non saper guidare.
A
39 anni mi sono iscritto a scuola di musica ed ho fatto 5 anni di chitarra Jazz
e poi altri 5 di blues e Rock .
Poi sempre sotto la guida del mio grandissimo maestro ho
imparato soprattutto ad ascoltare la musica per riconoscerne i suoni e
riprodurli poi realizzandone la trascrizione.
Mi
sento più portato per fare il solista e così mi dedico allo studio dei brani
di chitarristi Rock, non rifuggendo da improvvisazioni.
In generale, vuoi nel lavoro, vuoi nell’arte, vuoi nel campo dell’impegno verso la società, quando mi dedico ad una cosa non lo faccio mai in modo superficiale. Ad esempio, nel 2009 ho fatto una ricerca su di un illustre personaggio Edoardo de Betta, che oggi è consultabile anche su internet. E nel 2011 ho ideato e prodotto un documentario sul Fiume Fibbio, che è disponibile per la visione in DVD presso la biblioteca di San Martino, ed in seguito altri documentari di cui possiamo vedere le copertine.
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2011 | 2015 | 2016 |
2017 | 2017 | 2018 |
2019 | 2020 |
Per fare i documentari ho scelto di comporre e suonare musiche originali e così con l'aiuto di un "meraviglioso" programma di arrangiamento, mi sono creato delle basi musicali su cui poi ho suonato dal vivo le parti ritmiche di chitarra e gli assoli.
Le musiche, via via le ho raccolte in vari CD musicali.
Se decido di perseguire un obiettivo non lo
faccio improvvisando, ma mi documento a fondo ....
intervista: A. Solati.