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Giovanni
Giusti.
Sacerdote.
Il papà di don Giovanni era
fattore nelle campagne di Albaro (Comune di Ronco all’Adige). Rimasto orfano di
padre a 14 anni, si era preso la responsabilità della famiglia, ma, purtroppo,
fu costretto ad abbandonare tutto per andare in guerra (15-18). Era un ragazzo
intelligentissimo per cui divenne sergente e, come tale, non fu congedato che
dopo aver fatto 5 anni di servizio militare. Al ritorno il suo posto era stato
dato ad altri ed egli fu costretto a cercarsi un’altra campagna.
Aperto a tutte le innovazioni del suo mondo, amava
straordinariamente la natura, si informava su tutte le possibili piante da
frutto e fu l’iniziatore della coltivazione di esse in quelle zone.
Era anche un saggio e lo rivela un particolare, quasi
profetico, della sua vita:
Mons. Peroni era nato e
abitava vicinissimo ai Giusti ed era grande amico di famiglia e, finita la
guerra, era parroco di Brenzone. Gli fu offerto di andare a San Martino, ma era
incerto sulla decisione. Allora inforcò la bicicletta ed andò ad Albaro a
parlare con papà Giusti che gli disse: “E’ vero che la comunità è più grande ma
sono tutte famiglie sane e timorate di Dio, non esitare.”
La mamma lavorava al fianco del marito. Una coppia
cristiana nel senso più profondo della parola. Ebbero 10 figli e quando un
piccolino morì la mamma si recò alla maternità e si fece affidare una bimba che
allevò come “mamma di latte” fino ai 6 anni e poi tenne con sé anche durante la
guerra.
Don Alessandro, il primogenito, era un bambino
estremamente dotato, desiderava proseguire gli studi.
A quei tempi, finite le
elementari, chi voleva fare le scuole medie doveva sostenere un difficile
e costoso esame di ammissione. La famiglia era disposta al sacrificio, ma un
santo sacerdote, parroco di Scardovara, lo preparò privatamente per la prima
classe, poi il ragazzo vinse il concorso per entrare nell’Istituto Don Mazza e
proseguì gli studi fino a diventare maestro e poi come era stata sua vocazione,
entrò in Seminario per studiare teologia.
Anche don Giovanni, più giovane del fratello di cinque
anni, fu preparato dall’amico parroco, ma egli entrò subito in Seminario dove
proseguì e terminò i suoi studi.
In quel periodo si verificarono gli infausti eventi
che sarebbero stati l’origine della suo sofferenza futura, in quanto gli fu
somministrato in dose massiccia una medicina nuova di cui allora non si
conoscevano gli effetti collaterali: la Streptomicina.
Egli guarì perfettamente ma con l’andar del tempo il
farmaco cominciò a ledere le terminazioni nervose che gli permettevano di
camminare.
Fu ordinato sacerdote da Mons. Girolamo Cardinale,
arcivescovo di Verona, il 27/06/54.
A settembre dello stesso anno
fu mandato come curato nell’ultima Parrocchia della Diocesi di Verona: a Manerba,
sul Lago di Garda, dove rimase due anni.
Fu poi mandato a Minerbe dove
restò nove anni e stabilì tali rapporti di affetto con i suoi parrocchiani che
si mantennero anche in seguito e molti dei suoi ragazzi vollero essere sposati
da lui.
Nel 1965 fu chiamato in Curia con l’incarico di
mansionario del Capitolo della Cattedrale; funzione che svolse per quattro anni.
Non fu una
promozione che gli diede particolare gioia perché aveva scelto di fare il prete
per lavorare in Parrocchia: “Se avessi voluto insegnare non sarei diventato
sacerdote.” Gli furono fatte anche offerte di specializzazioni culturali,
come quella in campo musicale per cui era portato straordinariamente, ma le
rifiutò perché riteneva lo distogliessero dalla sua vera vocazione.
Alla fine accettò di andare a
Roma dove prese il diploma di pedagogia catechistica. (un suo scatto Fotografico).
In questo campo fu Segretario e poi direttore
dell’Ufficio Catechistico Diocesano, insegnante di Catechetica nello Studio
Teologico San Zeno, amico di Rettori di Seminari e intellettuali Cattolici.
Ai primi del 1976, dopo la morte di Mons. Peroni
divenne Parroco a San Martino Buon Albergo, si potrebbe dire che il primo fu
colui che sanò le ferite spirituali che la guerra aveva inferto alla Comunità,
mentre don Giovanni colui che la portò a rimettersi completamente in cammino.
Scrive Don Angelo in “Qui San Martino” del gennaio
2002; “Don Giovanni avrebbe potuto ricoprire diversi ruoli con profitto e
soddisfazione:
- Poteva diventare un buon oratore, capace, tagliente
quanto occorreva; un buon giornalista, gli veniva facile scrivere.
- Avrebbe potuto guidare corali importanti: la musica
la portava dentro.
- Oppure andare per le montagne
con la macchina fotografica e cogliere
la bellezza del creato, cantarla nelle sue poesie.
Morir poeta
Ma
mi poeta
Ghe
son da quando gh’ea le braghe curte
e
‘na giacheta
rivoltà
da la sarta de fameja;
e
me parea de aver eredità
caresse e sberle de ‘na parentà.
E quando i nugoloni
i
scapava zugando sui me campi
come
se ‘l vento
ghe
fesse gatarissole nei piè,
me
incantava a guardarli
e
po’ rivava a casa
con
le spale e i cavei tuti neghè.
E ghe faseimo festa
A
le zurle(1) sui rami dei salgari(2),
e
ai mussolini
che
da distante i ne parea sturlini(3),
e
a quela pora bestia
de
tompinara(4) che savea trincèe
d’inverno,
ne le mace somenè.
Ma dopo un toco
me
son desmentegà la vecia rima,
e
ò messo zo la pena.
Ito:
a pensarghe insima
m’à
parso che la vita l’è pì bela
de
tuti i versi che i poeti i stampa
par
far batar le man.
Ma mi, poeta,
no
voi morir coi oci piantà in tera,
come
se ‘sto roeio de miserie
podesse
scancelar l’arcobaleno
che
m’è restà de casa,
dai
veci tempi de le braghe curte,
soto
i ociai da presbite,
che
dise i àni,
ma
no scancella i ciochi del paron(5)!
Lo seto ti che morbia
l’è
la manina de un butin da late,
che
calda l’è la man
de
‘na butela in fior,
che
potente da dio
l’è
‘l brasso de un papà che con la drita
ghe
fa da sènto(6) al fiol che vol sgolar(7)?
Seto el calor de un bigoloto ranso(8);
seto
el penar de du veceti; seto
i
canti de ci vol desmentegar
le
robe brute che te sgrafa el cor?
Ma voi morir poeta,
parchè
la vita no l’è mai de giasso!
1) Maggiolino.
2)
Salice.
3)
Storno.
4)
Talpa.
5)
Cuore.
6)
Sedile.
7)
Volare.
8)
Focaccia rancida
Ma il Signore lo volle prete, e lui rispose con una
generosità e una gioia che non vennero mai meno”.
Era uomo di cultura. Scrive don Mario Masina su “Verona
Fedele”, riportato da “Qui San Martino” Gennaio 2000:
“…..l’attenzione alla cultura.
Libri di letteratura, autori contemporanei, poeti e saggisti erano i tuoi
ingredienti immancabili, affinché l’annuncio evangelico potesse incrociare le
istanze attuali; talvolta per cogliere la sintonia, talaltra per evidenziarne la
distanza comunque per dirne il fecondo confronto con una catechesi non
disincarnata o distratta”.
Mai don Giovanni si sarebbe permesso di
respingere “l’altro”; sapeva cogliere il valido da qualsiasi posizione diversa
dalla sua che, però, non fosse stata stupidamente settaria.
I suoi talenti li mise tutti a servizio della sua
missione.
Si mosse sul piano concreto:
Quando era a Minerbe la
parrocchia aveva una casa in montagna dove i ragazzi trascorrevano a turno
l’estate, a San Martino non c’era niente ed eccolo promuovere i campi scuola di
Azzarino. In quella scuola in disuso, in mezzo ai boschi: ragazzi e ragazze,
mamme cuoche, animatori poco più che adolescenti, sacerdoti hanno vissuto
esperienze stupende di amicizia vera e di crescita interiore. Che pianti il
giorno del ritorno a casa!!!
Appoggiò con entusiasmo la proposta di Luigi Ferrari,
uno dei coordinatori del giornale “Qui San Martino” di trasformare la veste
tipografica da ciclostilato a stampato. Raccolse attorno a sé un gruppo
prestigioso di intellettuali come collaboratori. Facendo in questo modo la
rivista non fu più soltanto un notiziario parrocchiale, ma anche fonte di
cultura curata in modo elegantissimo anche nella parte delle immagini.
Fondò con la collaborazione di
don Alessandro il coro di San Martino che comprendeva anche un gruppo di più
piccini e uno di adolescenti.
Fu tra i promotori dell’Università della terza età di
cui fu anche docente nei corsi di esegesi biblica.
Si impegnò sul piano civico. Scrive Luigi Ferrari in
“Qui San Martino” del dicembre 2000:
“Don Giovanni era amante anche del senso civico. Era
nei suoi desideri dare vita ad un gruppo che si introducesse nel mondo della
politica, un gruppo che sapesse valutare le cose nel modo giusto, ragionato, da
appoggiare solo se andavano a favore di una crescita sociale. Ci credeva davvero
in questo tentativo ma a San Martino il terreno non era dei migliori e, con
delusione sua e dei troppo pochi che lo assecondavano, dovette rassegnarsi al
fallimento”.
Sognò a lungo di creare una radio del Paese ma, con sua
grande amarezza, anche questo progetto non andò in porto.
Rifece il Teatro Parrocchiale e, perché la comunità
ricordasse sempre cosa gli doveva, lo intitolò al suo predecessore.
Scrive ancora Luigi Ferrari nel giornale già citato .
“Sentiva come un bisogno
inderogabile la necessità di aggregazione. E intuì che c’era bisogno di avere un
luogo adatto, di un teatro. Per passare dall’idea alla realizzazione percorse
tragitti tormentati. Fra i più tribolati vi fu quello di far capire la
necessità dell’opera; poi, anche se non lo dava a vedere (segno della
testardaggine tipica di chi vuol andare in fondo alle cose), ci sarà stato anche
lo spettro di un debito che alla fine raddoppiò quasi il suo ammontare.”
Nel Teatro organizzò tavole rotonde e incontri
culturali.
Ed ecco alcune sue attività sul piano più specifico
della catechesi:
Nel settembre –ottobre del 1973
fondò assieme a don Carvallon (ora Monsignore e rettore del Seminario di
Vicenza) la rivista “Evangelizzare” che si rivolge ai sacerdoti per aiutarli a
trovare strumenti pratici per la catechesi.
Fin dalla nascita di Telepace
nel 1977 ne divenne collaboratore convinto.
Scrive don Guido Todeschini in
“Qui San Martino” già citato:
“Sensibilissimo com’era, don
Giovanni aveva compreso che l’emittente poteva essere un ottimo “pulpito” dal
quale impartire efficaci lezioni di vita. Ha sempre dimostrato attenzione e
grande stima per il “mezzo” da lui considerato valido strumento di
evangelizzazione. Era lui che faceva da regista alle sue lezioni, non solo
per quanto riguardava la durata, ma, altresì, per le modalità, perché fossero
attuali, interessanti e incisive. Sapeva creare con i telespettatori un
rapporto famigliare e di simpatia, per cui la trasmissione era cercata e seguita
con passione e piacere.”
Mettendo in pratica la direttive del Concilio Vaticano
II fu un attivo promotore del Consiglio pastorale parrocchiale e mise anche in
atto la prima comunità sacerdotale della Diocesi.
Scrive Mons. Giuseppe Amari in “Qui San Martino” :
“Don Giovanni fu pastore ma non
in solitudine………Fu per questo suo sentire il sacerdozio in relazione comunitaria
che il venerato Vescovo Mons. Giuseppe Carraro, nel 1976 lo nominava parroco
coordinatore in una comunità presbiteriale insieme ad altri parroci coadiutori
per la comunità policentrica di San Martino.”
Scrive Don Angelo Castelli in “Qui San Martino” gennaio
2000:
“Si dedicò con passione a questo nuovo modo di vivere
la responsabilità parrocchiale. Io credo facendo anche uno sforzo su sé stesso.
Sappiamo che alle volte i progetti, le iniziative che proponeva alla discussione
degli altri preti e del Consiglio pastorale parrocchiale erano dentro di sé
delle decisioni già prese , però voleva confrontarle, discuterle; anche se il
suo carattere forte, volitivo, deciso, spingeva (forse) in altra direzione.”
Nel 1987 iniziò in Parrocchia il corso di lettura e
spiegazione della Bibbia incominciando da Isaia (11, 1-9).
Scrivono Dorina, Graziella e
Norma in “Qui San Martino” dicembre 2000 :
“Da allora, quasi ogni
anno, don Giovanni sceglieva e preparava argomenti tratti dalla Bibbia per
aiutarci a capire il messaggio di Dio per l’uomo e, con la sua cultura,
intelligenza e passione ci ha aiutato a
comprendere quelle che erano le tradizioni, le usanze di un tempo e i modi di
pensare degli uomini di allora”.
Oltre a scrivere libri di catechesi molti suoi
interventi sono stati pubblicati da importanti riviste.
La sua collaborazione affettuosa e appassionata, però,
fu riservata al giornale parrocchiale “Qui San Martino”. Leggendo i suoi
scritti, pareva di essere seduti accanto a lui in un colloquio personale che
sembrava semplice e invece affrontava con un’etica stringente i problemi del
momento.
Leggiamo dalle ultime due annate:
1998
……
Giugno. Titolo:
“Religione e insegnamento scolastico” ” Se quindi i nostri ragazzi e le nostre
ragazze, partendo da una conoscenza profonda della religione maggiormente
diffusa in Italia, imparano a valutare senza pregiudizi e senza paraocchi le
nuove proposte che si presentano, non dobbiamo temere che si perdano; ma
è lecito sperare che diventeranno i costruttori di una società più pacifica e
fraterna.”
Settembre. Titolo: “Amor de
fradei” “ Ma perché la parola “fratelli” funzioni davvero occorre qualcosa di
più. Occorre un motivo che induca a star volentieri insieme, disarmati, prima
che qualsiasi altro fatto possa farci guardare in cagnesco; altrimenti
continueremo ad inquinare la parola con le tremende “fraternità” razziali, con
le “fraternità” massoniche, con le “fraternità” sportive, e nessuno fermerà mai
o alleggerirà lo scorrere del sangue di Abele.”
Dicembre. Titolo: “Gesù, un fratellino di troppo”
ancora sulla fratellanza “Questo fratellino Gesù che disturba la quiete di chi
si presume a posto con Dio e con gli altri, si potrebbe anche eliminare, a non
voler perdere la pace: spiacevole, ma possibile; ma si dà il fatto che, nella
nostra fede, volendo eliminare Gesù si cancella anche del tutto la fraternità”
1999
…….
Giugno: Titolo: “Per l’anno
2000, prova di oroscopo” : “….Allora io rinuncerò a fare l’oroscopo. Ma non mi
ridurrò ad esser fatalista: vada come vada… Perché so che nel mondo agisce
Qualcuno che a volte si nasconde e ci fa pure soffrire, ma ha promesso di non
lasciarci orfani. Così, piuttosto che comprare certezze fasulle da chi so che mi
imbroglia, preferisco metterci del mio e, per le cose che non posso dominare
fidarmi di Uno che mi ama”.
Settembre. Titolo:: “Fede, preghiere di guarigione,
medicina”. Il titolo si commenta da sé.
L’elenco di quello che ha fatto è sicuramente
incompleto anche perché dobbiamo tenere presente che egli svolgeva un’intensa
opera di pastore e consigliere spirituale di molti fedeli.
Tutte queste attività sono state svolte da un uomo che
sentiva l’urgenza del “lavoro” da svolgere e doveva fare i conti, giorno per
giorno, con il lentissimo ma inesorabile declinare delle sue forze; che viveva
in compagnia di una costante sofferenza fisica e si imponeva di non farla
percepire al suo prossimo.
La malattia non lo piegava, i ricoveri in ospedale
erano ridotti al minimo per non interrompere quello che, in quel momento, lo
impegnava.
Ma venne il momento della grande rinuncia e don
Giovanni si ritrovò, come il suo Signore, nell’orto degli ulivi. Scrive don
Angelo in “Qui San Martino” Gennaio 2000:
“Quando nel settembre del 1993,
in seguito a un nuovo decadimento fisico, il Vescovo Attilio Nicora, seduto sul
suo letto all’ospedale , ci spiegò le sue decisioni e gli chiese di rinunciare
all’ufficio di parroco vidi don Giovanni commuoversi…….Era una decisione già
presa nel suo cuore, anche se poi ci vollero alcuni giorni perché la mettesse
per iscritto…Parroco emerito, ma prete sempre in servizio, seppe coltivare con
ancor più passione i suoi molti interessi e impegni. Fu rispettoso delle scelte
e delle decisioni prese da chi gli era subentrato, mai rinunciando ad esprimere
la sua opinione, a progettare, a guardare avanti.”
Aveva già pronti lavori importanti per l’anno 2000:
Un corso di catechesi per seminaristi preparato con il
contributo di un amico sacerdote.
Un fascicolo che era in preparazione e riguardava i tre
itinerari di fede dei preadolescenti a cui aveva collaborato con la solita
profondità.
Scrive Piero Piazzola in “Qui San Martino” Gennaio
2000:
“La carrozzella, simbolo e memoria di Lui, ora è vuota.
Potrà ancora insegnare qualcosa, peraltro. A chi vi porrà mente. E cuore.”
Molti si chiedono: non sarebbe un omaggio dovuto
raccogliere in una monografia almeno i suoi interventi su “Qui San Martino” ?
La famiglia ha donato gli appunti e gli archivi di don
Giovanni al Seminario Vescovile di Verona; alla locale Biblioteca Comunale i
libri, ancora intonsi, che aveva acquistato per le lezioni all’Università della
Terza Età.
Il profilo di don Giovanni è stato scritto con il
contributo della famiglia e con gli interventi pubblicati su “Qui San Martino”
dei masi: Gennaio 2000, Dicembre 2000.
Ringraziamo vivamente per il contributo.
a cura di Anna Solati |