C'era una volta

 

 

Il “mistero” della lapide di Andrea De Zannoli

 

   Scrive don Pighi che della vecchia chiesa posta sul monte si conservava una antica lapide, mozza di alcune parole, di un certo Andrea De Zannoli, murata, poi, nella parete esterna della nuova chiesa a sinistra per chi entra.

 

    Non conoscendo il personaggio, don Pighi cercò di capire chi fosse Andrea De Zannoli e a quale periodo risalisse la lapide. Seppe da don Giovan Battista Cinquetti che il conte Carlo Cipolla trascrisse tutte le iscrizioni, prima che la chiesa e la canonica fossero abbattute (1883). Tuttavia don Pighi afferma di non aver trovato nulla a riguardo tra le sue opere nella biblioteca comunale di Verona. Non trovando perciò risposte, si limitò a definire Zannoli soltanto con l’aggettivo «defunto». Inoltre, non essendo in grado di decifrare il significato compiuto della lapide la descrisse come «alquanto bizzarra ove si fa parlare il defunto Andrea Zanolli ma se ne desidera l’epoca».

 

   Scrive don Lonardi, nel 1871, che a causa della critograma (o muffa) che colpì in special modo le viti ma anche tante altre piante da frutto, desiderando concorrere con i contadini al ripristino delle condizioni necessarie per rendere i fondi fruttiferi, fece a sue spese diversi interventi di ampliamento, rimozione e sistemazione del terreno parrocchiale impiantandovi nuove piante.  Fu durante i lavori sul fondo detto Castello, secondo lui,  così nominato «per le tracce che pur tratto sotto terra vi si scontrano con un solido forte serrato a tre mura, con un altro muro affiorare ai quattro lati di cui ne rimane elevato dal terreno un avanzo». Ma ciò che a noi interessa è dove don Lonardi scrive: «Di memoria vetusta di detto castello scolpita in pietra non ci resta che una lapide mortuaria fitta nel muro sotto la loggia di questa chiesa parrocchiale». E’ evidente, perciò, che, una volta recuperata, quella lapide mortuaria fu trasportata nella parrocchia e murata sotto la loggia. Purtroppo don Lonardi nulla dice riguardo alla scritta incisa nella lapide  per confermare che si sta parlando della lapide dedicata al De Zannoli.

 

   Ma prima ancora di questi riferimenti ve n’è un altro di don Lonardi. Scrive infatti il parroco nel Libro delle memorie: «La chiesa parrocchiale di S. Briccio al di fuori tiene al nord il cimitero non ché la strada appresso al medesimo; all’ovest la piazza sostenuta da vecchi muri con un portone di pietra fregiato da due memorabili lapidi e da un rastrello di ferro». Purtroppo pure in questo caso non vi è altro riferimento.

 

    Anche don Remo Bertolini, parroco di San Briccio, parecchi anni dopo e precisamente nel 1980, si accorse di questa lapide. Al riguardo scrive: «Ho scoperto in questi giorni una lapide-epitaffio latino che ho cercato di decifrare traducendola. Mi sembra che il succo del messaggio, dato da un rozzo (rusticus) contadino coltivatore di olivi, suoni così: “Se vuoi vivere in memoria devi avere attenzione ad ascoltare, a parlare poco e a non stare nell’ozio. Se si ascolta senza riferire, ma per fare tesoro e se si è applicati ad attività varie ben difficilmente si sarà portati a cianciare degli altri con scapito di carità e di benevolenza”». 

 

    Anche noi, ci siamo posti la domanda chi fosse Andrea De Zannoli e perché una lapide rotta, «alquanto bizzarra», sia stata recuperata durante i lavori di demolizione del vecchio complesso parrocchiale, trasportata e murata all’esterno della nuova chiesa. Anche le nostre ricerche sul personaggio non hanno trovato risposta. Nei documenti conservati nella canonica di San Briccio non si trova traccia di questo nome; altri archivi storici locali lo ignorano.

 

   Ma è legittimo ritenere che quella lapide funeraria doveva essere importante per chi l’aveva realizzata e posta nella sua prima collocazione, come anche per chi l’aveva ritrovata nei campi e «fitta nel muro sotto la loggia della vecchia chiesa parrocchiale». Importante anche per chi, quando la vecchia chiesa venne demolita per far posto al forte, la recuperò e la murò dove si trova oggi, cioè sulla parete esterna a sinistra dell’ingresso della chiesa odierna. Andrea De Zannoli non dove essere stata una persona qualsiasi perché non si incide una lapide come questa per un “egregio signor nessuno”.

 

   Uno studio eseguito da Alfredo Buonopane, della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Verona, fa risalire la lapide dedicata ad Andrea De Zannoli tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento sostenendo che «la datazione è suggerita, dal tipo di monumento, ispirato a modelli funerari del neoclassicismo, dalla forma delle lettere e dal formulario». Per il testo, ha evidenziato che è di non facile traduzione «perché la sintassi non sempre è sicura e perché non è semplice rendere giochi di parola come oneratus/honoratus». Ecco il testo della lapide e, a fianco, la sua traduzione:  

 

Lapide Andrea De Zannoli, foto Giuseppe Corrà.

 

SISTE GRADVS MIRARE

QVIA

SINE LINGVA LOQVOR

AVDI ET DISCE.

QVI VERITATE NITITVR

ETIAM MORTVVS NO(N) OMITTITVR

ANDREAS DE ZANNOLIS SVM EGO

OLITOR RVSTICVS COLITOR

TRIGI(N)TA TRIB(VS) AN(N)IS VERITATI SERVIVI

OBEDIENTIA FIDE PATIENTIA

VITA ONERATVS MORTE HO(N)ORATVS

QVAPROPTER

MIHI MARMOR TIBI MEMORIAM

VERITAS FECIT FACIT

SI HOC TE TENET LECTOR

A SERVO SERVE SERVA

AVRES NON OS HABERE

VELOCES PEDES TENERE

ITA OPERERIS ET NON MORIERIS

PRO ME ORA ET SIC TE HONORA

QVERE VERITAS CELEBRANDA

QVIA SI

ROMI FIDES PETRVM MAGISTRVM

HABVIT POPVLORVM

VERONI VERITAS PETRAM MAGISTRA(M)

HABET SERVORVM

FERMA I PASSI E INDUGIA

                  POICHÉ

PARLO SENZA LINGUA

ASCOLTA E IMPARA

CHI SPLENDE PER VERITÀ

ANCHE DA MORTO NON È TRASCURATO.

IO SONO ANDREA DE ZANNOLI

ORTOLANO CONTADINO COLTIVATORE

HO SERVITO PER TRENTATRE ANNI

LA VERITÀ

CON OBBEDIENZA LEALTÀ SOPPORTAZIONE

ONERATO DALLA VITA

ONORATO DALLA MORTE

PERCIÒ

UN MARMO MI RICORDA A TE

LA VERITÀ TRAMANDA IL MIO RICORDO.

SE CIÒ TI TRATTIENE O LETTORE

SERBA, O SERVO, QUESTE PAROLE

DETTE DA UN SERVO:

AVERE ORECCHIE NON BOCCA

MANTENERE VELOCI I PIEDI

COSÌ OPERERAI E NON MORIRAI

PREGA PER ME E COSÌ ONORI TE

CERCA CHE LA VERITÀ SIA CELEBRATA

POICHÈ SE

A ROMA LA FEDE HA PIETRO COME MAESTRO DEI POPOLI

A VERONA LA VERITÀ HA UNA PIETRA COME MAESTRA DEI SERVI

 

 

 

   Alcune persone di San Briccio, che hanno lavorato presso villa Verità Montanari Fraccaroli, in località Boschetto di Lavagno, riferiscono di aver visto là una lapide “simile” a quella che stiamo descrivendo. Occorre ricordare che quella dimora venne costruita nel ‘500 per il filosofo e poeta Girolamo Verità e nel tempo passò di proprietà in proprietà fino alla famiglia Fraccaroli.

 

   Leggendo con attenzione il testo della lapide si nota che tutto il discorso gira intorno al sostantivo “verità” che appare quattro volte. Potrebbe, dunque, essere verosimile che la persona celebrata dalla lapide fosse un servitore “speciale” dei signori Verità. Questo anche se nella lapide il defunto si autodefinisce soltanto «ortolano contadino coltivatore». Lui stesso, conferma di aver servito per trentatre anni la Verità, obbedendo agli ordini velocemente, senza discutere, con lealtà e sopportazione, atteggiamento tipico di ogni buon servitore. Perciò, la lapide funeraria, sicuramente strana, in cui si fa parlare il defunto Andrea De Zannoli, potrebbe essere stata realizzata e collocata alla vista dei passanti proprio dai signori Verità in memoria di un loro servitore speciale, obbediente e leale.

 

   Anche la parte finale dell’iscrizione là dove afferma che «a Roma la fede ha Pietro (il papa) come maestro dei popoli» e «a Verona la verità ha una pietra come maestra dei servi» diventerebbe più comprensibile se quella «pietra» potesse indicare la lastra di marmo che chiudeva la tomba di famiglia dei Verità nella chiesa di Sant’Eufemia, in Verona. Questa “pietra” si trovava davanti all’altare dello Spirito Santo (il secondo dalla parte sinistra entrando nella chiesa) in cui nel 1552 era stato sepolto anche Girolamo. «Le sue ossa al principio del secolo (1800), tolte dal quel luogo furono inumate e confuse nel comune ossario che sta sotto la porta maggiore del Tempio e la pietra sepolcrale, quando fu rinnovato il pavimento della chiesa, venne rimossa e trasportata nel vestibolo che corre a sinistra dell’altar maggiore».

 

   Poiché il defunto De Zannoli dice essere stato servo e «ortolano, contadino, coltivatore», tra le ipotesi ci potrebbe stare anche quella che l’estensore del testo, rivolgendosi ai servitori nell’accezione più ampia del termine, volesse esortarli a ricordare e a seguire le regole di vita scolpite nella lapide: «avere orecchie non bocca, mantenere veloci i piedi», cioè ascoltare, non parlare ed essere pronto ad obbedire ai comandi. Purtroppo i signori Fraccaroli affermano di non aver mai visto nella loro villa una lapide simile a quella che ricorda Andrea De Zannolli a San Briccio. Perciò, il “mistero”, almeno per il momento, rimane.

 

                                                             

 

Renzo Zerbato e Giuseppe Corrà

 

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