Marcellise - Villa Camuzzini. Foto A. Scolari 01/06/2004.
Scheda storica - Arch. Sergio Spiazzi
Palazzo
Camuzzini è un’antica corte collinare, che si trova al termine della strada
dei Dossi, trasformata in residenza signorile alla fine del XVIII secolo. Un
breve viale di cipressi accompagna il visitatore verso il cortile, recintato da
muro, e attraverso un ingresso laterale, con pilastrature in tufo, si entra nel
complesso architettonico.
Luigi
Mazza sistema la corte alla fine del XVIII secolo insieme con la costruzione
dell’oratorio privato, mentre la località è conosciuta come “Campo di
Casa”. In questa località trascorre gli anni della sua gioventù,
Don Nicola
Mazza (1790-1865), che veste l’abito talare nell’oratorio della corte,
costruito alla fine del XVIII secolo (1798), quando lui era ancora bambino.
A Marcellise don Nicola esercitò il suo ministero sacerdotale tutte le domeniche per 24 anni (dal 1816 al 1839), rimanendo per sempre legato alla valle della sua infanzia.
La
corte è risistemata ed ampliata, con altre costruzioni, da Giovanni Camuzzini
che acquista il complesso poco dopo il 1816, quando la famiglia Mazza per
problemi economici vende la proprietà e va a vivere nella modesta casa del
Pigno.
Nella corte troviamo l’oratorio gentilizio, inglobato e rialzato, rispetto alla sua forma originale, attraverso un artifizio architettonico, che porta il timpano classico all’altezza del cornicione degli edifici posti a sinistra. L’oratorio, è intitolato alla Beata Vergine della Maternità (Maria), come risulta dalla visita pastorale del 1839 del vescovo L. Grasser: “…de jure Domino Jan.Baptae Camuzzini...de omnibus necessariis abcude provisum, cum imagine purpulchra B.V.Maria, Oratorium vero pictum...”.
Internamente l’oratorio è completamente affrescato con decorazioni e pitture eseguite da Leonardo Manzatti (1761-1826), prete e pittore, amico di famiglia. “L’interno riprende lo stile della facciata: data però l’angustia dello spazio, nel periodo immediatamente successivo alla costruzione, venne arricchito da una architettura dipinta che ne ha dilatato il volume. Secondo un criterio ancora baroccheggiante ma nel complesso sobrio, il pittore si è sforzato di rendere più ricca di movimento un’aula perfettamente lineare, anche nel soffitto.
Le finte colonne, i finti architravi, le finte statue, le due finte finestre e perfino le due finte loggette con finestrelle vere ma cieche non appesantiscono l’ambiente, che induce anzi alla serenità e al raccoglimento il visitatore disposto alla preghiera. L’unico altare con il suo angusto presbiterio, taglia l’aula a tre quarti della lunghezza, lasciando spazio, dietro, a una modesta sagrestia.
Dominante sullo sfondo è la nicchia della Gran Madre. Si tratta di un’ambientazione scenica con statue in legno dipinto raffiguranti Maria con il Bambino in braccio, e due angeli ai lati”, cosi scrive Glauco Pretto nel depliant pubblicato nel 1999 dopo il restauro della corte, descrivendo con precisione tutte le scritte in latino ed in particolare quella che si trova alla base della nicchia della Gran Madre che tradotta in italiano recita: “In onore della madre di Dio soccorritrice e ausiliatrice, per aver guidato l’assalto dei Francesi invasori in maniera tale che, pur essendo stata devastata tutta la regione circostante, qui si conservò tutto sano e salvo, luigi Mazza e sua moglie Rosa elevarono dal suolo, nell’anno 1801”.