L’ “ORCO”
NEI RACCONTI DELLA FANTASIA POPOLARE IN LESSINIA
di Piero Piazzola
COME
ERA E CHI ERA L’ORCO?
Oltre alle Fade, Anguane, Genti beate, e via dicendo, creature femminili per
eccellenza, esistevano altre due creature immaginarie create dalla fantasia
popolare: l’ORCO e il BASILISCO. Del Basilisco parleremo in altra occasione.
L’Orco,
da quello che abbiamo potuto appurare attraverso i racconti che circolavano
durante le sere dei “filò” nelle stalle o che abbiamo raccolte dalla viva
voce di ragazzini e di adulti, a Campofontana e in altri paesi vicini,
l’Orco, secondo la nostra mentalità di umani, era un personaggio di
sesso opposto a quello delle Fade, delle Anguane, delle Genti Beate. Ma era
tuttavia un essere difficilmente classificabile in campo sessuale e fisiologico,
date le sue continue e inimmaginabili trasformazioni.
Ho
ritenuto, quindi, di completare questo quadro di “scienza magica”, tra
virgolette, con alcune indicazioni
circa la sua fisionomia, se per fisionomia significa dare un volto ad un essere
del genere, con tutte le sue inclinazioni comportamentali, considerate nella
moltitudine confusa delle apparizioni che la gente ha registrato sul suo conto.
Ma chi è l’Orco? Com'è fatto? Dove
lo trovi?
Le
leggende che riguardano l’Orco non riescono a stabilire con esattezza com'era
fatto oppure se avesse, al di là dei suoi molteplici e strani camuffamenti
occasionali, un suo volto ben specifico. Ora si presenta sotto forma di bastone,
poi, più in là di qualche chilometro, oppure a distanza di qualche ora, di
notte o di giorno non importa, diventa cavallo, scrofa, pecora, lupo,
anitra e via dicendo. Una volta si cela dietro il volto e il corpo di una
bellissima fanciulla, un’altra volta in un brutto e rattrappito vecchio. Ora
è bambino, ora uomo adulto, ora antenato barbuto; ora gigante, ora nanerottolo;
ora persona distinta e garbata, ora invece un essere grossolano e volgare.
Quando
lo ritiene opportuno diventa fiamma, incendio, fumo, fuoco, grandine, fulmine,
vento, uragano. Oggi si fa sentire con un prolungato lamento, domani con un
canto, e dopodomani come una voce che viene dall’aldilà o ancora come il volo
silenzioso di un folletto o quello violento di un rapace.
L’Orco
non privilegia un’abitazione fissa, in
una località ben determinata; cioè non ha una sua “casa”, se si può
chiamare casa il luogo, l’antro, la roccia dove abitare come, al contrario,
avveniva per le Fade ecc., che avevano quasi tutte una loro sede fissa, per
compiere le loro tregende o per ricoverarsi di notte o per il ritiro settimanale
d’obbligo.
L’Orco
non ha caverne, anfratti, grotte, covoli, voragini. Lo s'incontra da per tutto e
sempre occasionalmente. Se credi di ritrovarlo nello stesso posto il giorno dopo
che è apparso in una data località, ti sbagli di grosso. Appare or qua or là
senza un preciso riferimento geografico e ambientale. Lo s’incontra qua e là,
dove meno l’aspettiamo; sul monte, come in valle, in un prato o in un bosco,
in una radura, accanto alle caverne, come presso le case, persino nelle
vicinanze dei cimiteri; preferisce spesso gli argini delle strade meno
frequentate, i ponti sopra i torrenti, i margini delle pozze di abbeveraggio del
bestiame, i macigni isolati, i cespugli più folti, i bordi di un campo
coltivato, i sentieri più accidentati e occultati dalla vegetazione.
Non
lo incontri mai però sui crocevia (simboli della religione), mai nelle
vicinanze di capitelli religiosi, mai nei pressi di chiese, chiesette e oratori,
croci o altri segni della fede. E la creatura più ambigua e strana che si possa
immaginare. Sparisce al primo accenno di un segno di croce, si volatilizza
addirittura alle prime parole di una preghiera, di un’invocazione, di una
giaculatoria.
Appare
ai viventi quando meglio ritiene, dove meglio gli pare, in situazioni disperate
— e allora diventa anche “altruista”, cosa piuttosto strana per un Orco
—, come pure in occasioni della più stupida circostanza.
Non
è sempre benevolo; spesso è burlone, capriccioso; qualche volta, come ho detto
prima, diventa servizievole, spesso coraggioso, collaboratore, solidale. Ciò
nonostante, il rovescio della medaglia lo dipinge anche come un essere
dispettoso, spregevole, villano.
Nessun
altro “personaggio” fantastico uscito dai racconti che ho potuto raccogliere
conosce, meglio di lui, le debolezze delle sue vittime; nessuno spirito tra
quelli della nostra cultura, meglio di lui, è più rapido ad abbandonare il
campo delle sue bravate e delle sue apparizioni quando c’entra in qualche modo
un seppur piccolo indizio di religiosità.
Queste, in forma sintetica e generalizzata le caratteristiche dell’Orco che ho tratto dalle varie descrizioni di fatti e di ‘‘storie’’ raccolte in quegli anni di cui ho fatto cenno in apertura.
E
concludo rapidamente. Con una domanda di scusa, anzitutto. Ho raccontato, come
avevo premesso nel sottotitolo, una ‘‘storia’’, con quei toni e
quell’atmosfera che erano d’obbligo una volta, quando queste leggende erano
raccontate ai ragazzini. Le considerazioni, quando sono state tali, e le domande
che mi sono poste e che ho indirizzato anche al lettore, le giudico un
incentivo, uno stimolo e un ‘‘progetto’’ eventuale per ulteriori
ricerche e approfondimenti. Ho accettato di inviare al sito di
www.sanmartinoba.it la descrizione di queste creature fantastiche per
testimoniare un substrato di magia popolare in una ben determinata zona delle
Prealpi veronesi e vicentine, legate tra loro da una comune etnia e da una
comune civiltà, quella “cimbra”.
E, a conferma delle mie ricerche e a quanto scrissi sopra, ecco qui alcune di
quelle “storie” che andavano per la maggiore nei racconti delle nostre nonne
e nelle serate dei “filò”, nelle stalle o nelle case davanti al fuoco che
scoppiettava felice perché gli avevano … regalato un sòco da bruciare..
L'ORCO...UOMO
Nano
o gigante che fosse, l’Orco era una essere fortissimo che si batteva per far
ridiventar savie le persone prepotenti. Sembra quasi che avesse un compito
educativo e si dedicasse ad atti di solidarietà. Sono queste prerogative
dell’Orco che ho riscontrate a Sprea, a Campofontana, e a Selva di Progno.
Ecco un esempio raccolto da Lina Roncari di Campofontana, nel 1966.
«
Quando sento parlare della località Nasselóche (in
cimbro significa “buso del Nàsse - luogo bagnato, ndr) mi ricordo una
storia che mi raccontava mia nonna. Un uomo della contrada Pelosi di
Campofontana e della famiglia detta dei “Stiléti”, era cattivo e faceva del
male alla gente; aveva la fidanzata in una contrada di Campo di Fuori. Una sera,
tornando a casa, dopo essere stato a “filò” dalla “morósa”, sul dosso
della Nasselóche incontrò un uomo, un giovane molto forte e robusto,
che cominciò ad offenderlo. Botta e risposta, si azzuffarono e, a rotoloni,
andarono a finire giù nel fondo della Nasselóche. Lo Stilétti, ormai sfinito,
esclamò: — Dio mio, come sono ridotto! Allora quel giovane robusto e forte mollò la stretta e sparì
all’improvviso. E la gente assicura che quello era l’Orco che voleva dare
una lezione al giovanotto cattivo »..
L'ORCO...CAVALLO
A
Sprea e a Campofontana si raccontavano storie dell’Orco che si trasformava in
cavallo o in altre cose. Una di queste leggende, raccolta da Claudio Bottacini
di Sopra, racconta:
«
Un uomo andava verso la sua stalla per governare il bestiame.. La stalla era
molto lontana dall’abitazione. Fuori nevicava. Terminato il suo lavorio, si
mise in strada per fare ritorno a casa, ma ad un tratto fu investito da una
forte raffica di vento e neve che lo colpì al viso tanto da fargli perdere, per
un attimo, la vista; ma nell’infuriare della bufera, vide venirgli incontro un
bel cavallo nero. L’uomo, che teneva sempre con sé un coltello per tutte le
necessità, lo tirò fuori e gli andò incontro, pronto difendersi. Ma, quando
fece per alzare il coltello, il cavallo si drizzò sulle zampe posteriori e
scomparve. Appena la bufera si calmò un attimo, poté vedere che il cavallo
galoppava velocemente su nel cielo diretto verso mattina. Poi gli dissero che
quello era l’Orco ».
Gina
Dal Dosso di Selva di Progno, negli anni Sessanta, mi raccontò un’altra
leggenda in cui l’Orco si trasformò in cavallo.
«
Un giovanotto di Campofontana, tornando a casa dal mercato settimanale che si
teneva il mercoledì a Badia Calavena, nelle vicinanze di Selva di Progno, dove
cominciavano i scùrsoli per tornare al
paese, vide in un fraticello lì vicino un bel cavallo che stava pascolando. Il
giovanotto, pensando che per arrivare in modo migliore e più in fretta al suo
paese, non ci fosse niente di meglio che saltar a cavallo del .. cavallo. Gli
saltò in groppa e, tra sé e sé, pensò: — Ho trovato chi mi porta a casa
senza far tanta fatica. E tutto andò liscio fino a quando arrivarono in cima
alla montagna. Il cavallo, allora, diede un forte strattone alla briglia tanto
da buttare il cavaliere a terra. Si trasformò subito in una gran fiammata di
fuoco che si dileguò in un attimo dietro un altro monte. Quando raccontò la
storia a casa sua gli assicurarono che quello era stato l’Orco ».
Un
terzo raccontò simile me l’ha riferito Griso Costantino di Campofontana negli
anni Sessanta.
«
In contrada Grisi di Campofontana vivevano marito e moglie. Il marito esercitava
il mestiere del carrettiere; quindi possedeva un cavallo e un carretto. La
moglie, che si chiamava Marianna, invece, era una brava donna di casa. Dopo
parecchi anni di questa vita a due, capitò che una sera, mentre il marito era
lontano con cavallo e carretto per gli affari suoi, Marianna sentì scalpitare
furiosamente un cavallo giù nel cortiletto, davanti alla sua casa. Dal rumore
che provocavano i suoi zoccoli sul lastricato di pietra, Marianna capì che
doveva trattarsi di un cavallo molto grosso, non certamente quello del marito
che ormai conosceva in tutti i suoi tratti. Dopo un po’, stanca di star a
sentire quello scalpitio, si girò dall’altra parte per tentar di dormire, non
senza aver fatto prima un bel segno di Croce e di aver recitata la sua solita
litania di preghiere. A quel punto, quella bestia, con i ferri degli zoccoli
fece un fracasso tale che ne tremò tutta la casa. Poi tutto tornò tranquillo.
Quando raccontò l’avventura, il marito le affermò che si era trattato
dell’Orco ».
L'ORCO...FUOCO
Abbiamo
già letto la leggenda del ragazzo che vide il cavallo dileguarsi nel cielo in
una vampata di fuoco. Con il termine “fuoco” intendo tutti i possibili e
risaputi aspetti, piccoli o grandi, di fiamme, di fuoco, di vampate, eccetera.
In questa serie di racconti includerei anche le trasformazioni dell’“Orco”
in luci, vento, nuvole. Facciamo allora qualche esempio per confermare la
teoria. Certo che non riuscirò evidentemente ad accontentare la gente di San
Martino Buon Albergo con “storie” che si riferiscono alla montagna lessinica
che abbiamo dietro le spalle. Ma, se il “sito internet” serve anche per far
conoscere culture diverse da quelle locali, credo che a qualcuno sicuramente
piacerà leggere queste memorie se non altro per divertirsi e per far paragoni
con altre “civiltà” padane o non padane.
Una sera un uomo di Sprea stava tornando a casa dai lavori nei campi. S’era
fatta notte fonda ed egli allora accese la lanterna. Dopo un po’ di strada si
accorse che la fiammella era diventata un omino rosso, rosso fuoco; dopo un
altro po’ di tempo, l’omino ridiventò fiammella. Si stropicciò gli occhi
allora per assicurarsi di non aver le traveggole.
Dopo un altro pezzo di strada vide accanto a sé un’ombra con i corni lunghi;
ma quella sparì quasi subito. Fece un altro tratta di strada verso casa e,
stranamente, rivide l’ombra di un mostro, una specie di cavallo con la testa
di un uomo. Spaventato si diede a correre fino a quando arrivò davanti ad un
capitello della Madonna. Quell’ombra, allora, improvvisamente sparì in una
spaventosa fiammata di fuoco e di fumo. Gli assicurarono che era stato l’Orco».
(Raccontatami
da Ernesto Anselmi di Sprea, anni Sessanta)
A
Durlo ho raccolto un’altra storia di questo tipo che dice:
« Un contadino, dovendo recarsi sui
monti dove portava tutti i giorni il bestiame a pascolare, una bella mattina si
accorse che davanti a lui, sul medesimo sentiero, stava camminando un’altra
persona, la quale, man mano che procedeva per la strada, con un grosso bastone
percuoteva rabbiosamente le piante più vicine all’argine e, ad ogni colpo,
esse emettevano un lungo lamento. Il contadino, allora, lo rimproverò per
quello che faceva alle piante. Ma lo sconosciuto scomparve nel cielo
trasformandosi in una piccola nuvola nera che assomigliava a una strana bestia
con la coda lunga e biforcuta, forse un basilisco. Ma il contadino che
non sapeva che cosa fosse un basilisco, quando arrivò a casa raccontò quello
che gli era capitato e gli dissero che era stato l’Orco ».
L'ORCO...BASTONE
In
tutte le aree da me considerate ho
potuto costatare che l’Orco il più
delle volte si serve di un normalissimo bastone per far le sue bricconate.
Bricconate che, in fondo in fondo, non sono nient’altro che bambinate stupide,
innocenti, senza criterio. L’Orco, infatti, in questa zona della Lessinia che
ho studiato io non si presenta mai come un essere malvagio.
Ecco
un’altra “storia” che mi ha raccontata mia mamma, Angela Guidese, sempre
negli anni Sessanta.
« Un uomo della contrada Roncari di
Campofontana una volta dovette recarsi alla malga Scorteghére
sui Monti Lessini Centrali. Dopo essere passato per Giazza ed aver affrontata la
dura salita delle “Gósse”, si
inoltrò attraverso i pascoli dei Pàrpari.
diretto alla malga. Essendo ancora molto il cammino da fare, a un certo punto
raccolse da terra, per appoggiarsi, un
bastone, un ramo secco che si era staccato da una pianta. Ma più andava avanti
e più quel bastone pesava, Stanco di portarsi dietro un peso che continuava ad
aumentare, giunto nei pressi di una pozza, di quelle dove vanno ad abbeverarsi
le mucche, ve lo buttò dentro accompagnando il gesto con una parolaccia. E
subito, dal centro della pozza, vide alzarsi dritto in verticale il suo
bastone che, sghignazzando, gli disse: — Hai visto? Te l’ho fatta! Mi
hai portato fin qui. Era l’Orco, naturalmente ».
« Una volta l’Orco a Selva di Progno si fece
trovare lungo l’argine del sentiero da un montanaro che stava tornando a casa
dal lavoro in un fagotto di tela bianca che conteneva altra biancheria. Il
montanaro lo raccolse con un certo piacere e se lo portò fino vicino a casa,
tribolando non poco, perché quel fardello continuava ad aumentare di peso e la
strada era diventata piuttosto scoscesa e maldestra. Quando quel poveraccio
decise di fermarsi un attimo a tirare il fiato, deposto l’involto lì vicino a
sé, ebbe un forte sobbalzo, perché dal fardello uscì una gran vampata di
fuoco che polverizzò tutto il contenuto e senza lasciar traccia di ceneri e di
fumo. A casa, quando raccontò il fatto, gli risposero chiaro e tondo che era
stato l’Orco ».
(Raccontata
da Claudio Baldo di Sprea).
Infine,
sul tema dell’Orco che si trasforna in fuoco, ecco un’ennesima versione di
Gina dal Dosso di Selva di Progno (anni Sessanta).
« Un giorno un ragazzo di un paese vicino al
suo, passando per una strada che andava verso casa, vide appoggiato a un muro un
bel bastone di frassino, ben lavorato e lustro. Lo prese in mano e, cammina
cammina, si accorse che man mano che proseguiva sulla sua strada, il bastone si
faceva sempre più pesante. Portò pazienza ancora per un po’, fino a quando
cioè non fu più capace di portarlo. Allora lo gettò via, giù per un burrone,
esclamando: — Ma va’ al diavolo! Il
bastone, che altro non era che l’Orco, si trasformò in una grandissima
fiammata e dirigendosi rapidamente verso il cielo gli disse:
— Lifufù, lifufù, te l’ho fatta!. Lo spirito, trasformato in
bastone, era stato astuto a farsi portare fino a quel punto ».
L'ORCO...ANATRA
Nelle
pagine precedenti abbiamo sentito raccontare “storie” dell’Orco che si
trasforma in fuoco, in cavallo, in bastone, in bagaglio di roba ecc. Elencherò,
adesso, alcune altre “storie” in cui l’Orco si trasforma in qualche
animale da cortile, di quelli che tutti conoscono, oppure in un gigante, oppure
ancora in una signorina, e via dicendo.
Domenico Tornieri di Campofontana, che già
conosciamo, mi raccontava negli anni Sessanta:
«Da giovane avevo sentito raccontare che alla
Nasselóche di notte si vedeva una stranissima e grossa anatra che correva
dietro ai giovanotti … prepotenti, quando andavano a trovare la fidanzata
nelle contrade di Campo di Fuori. I giovanotti buoni, invece, li lasciava
passare senza far loro paura. Un giovanotto più bricconcello degli altri fu
avvertito di stare attento, perché da quelle parti c’era e circolava
l’Orco. Ciò nonostante lui si mise a ridere e a sfottere. Allorché una bella
notte egli dovette passare da quel posto, gli comparve improvvisamente davanti
un’anatra enorme che si mise ostinatamente a seguirlo. Il giovanotto tentò più
volte di cacciarla via, ma quella si trasformava dapprima in un uomo
piccolissimo, ma robustissimo, poi in un vero gigante che terrorizzava.
Il giovane, a quella vista, fuggì gridando: —
Non sarà mai detto che io passi ancora per quel posto! ».
L'ORCO...SIGNORINA
Sintomatica
e ricca di significato quest’altra leggenda che poteva uscire solo dai “filò”
di Sprea. È anche l’unica versione in cui l’“Orco” esce da una
fenditura nella roccia di un monte.
«Un uomo, recatosi un giorno a falciare
l’erba in un prato di sua proprietà piuttosto lontano da casa, durante una
pausa del lavoro, vide uscire da una roccia un uomo con una gran barba, il quale
si fermò a due passi da lui. – Cosa vuoi da me?,
gli chiese il contadino. L’uomo con la barba non gli rispose, ma si trasformò
immediatamente in una bella signorina, accattivante e cortese. Anche lei si fermò
a fissare il falciatore che le rivolse la medesima domanda che fece all’uomo
barbuto: — Che cosa vuoi da me?, senza però averne risposta alcuna. Il
poveraccio, a quel punto, imboccò in fretta e furia la strada per casa, dove,
giunto, raccontò l’accaduto e tutti sentenziarono che si trattava dell’Orco»
(Raccontata da Renzo Corbellari di Sprea –Anni Sessanta).
L'ORCO...QUERCIA
«Un giorno un giovanotto che era solito
bestemmiare, anche per motivi futili, tornando a casa da un lungo viaggio, fu
costretto ad attraversare un ponte sopra il torrente che scorreva nei pressi
della sua contrada. Vicino al ponte di legno c’era una grande quercia come
quelle che si vedono in giro per i boschi della nostra montagna, L’uomo aveva
appena messo piede sul ponte che scivolò improvvisamente giù nel torrente; ma,
prima ancora che toccasse l’acqua, la quercia con i suoi robusti rami si piegò
giù, giù, fino a farsi prendere con le mani da quel poveraccio; quindi,
raddrizzatasi piano piano, lo rimise a terra sano e salvo.
Quella volta l’Orco era diventato generoso ».
(Raccontata
da Ernesto Anselmi di Sprea – Anni Sessanta).
Piero
Piazzola