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Bertagna
Nino Agenore,
scrittore/fotografo.
a cura di Anna Solati
“San Martino ’80, retrospettiva
sulle attività socio - economico - sportive del nostro paese, Verona, 1979”
questo era il titolo completo di un’opera che, pubblicata alla fine del 1979,
ebbe un grande successo presso tutta la
cittadinanza.
Si trattava di un lavoro innovativo. Con la collaborazione di personaggi
del paese, allora importanti, l’autore aveva trattato tra l’altro di: le
relazioni sociali, il costume locale, le relazioni politiche, le origini
storiche, 80 anni di sport Sanmartinese, i nostri campioni …. alla fine
c’era anche un super – cruci - quiz che era stato ideato da lui.
Attualmente, purtroppo, San
Martino ’80 si può ancora trovare, conservato con cura, presso qualche
famiglia e, solo consultare, in Biblioteca. Per l’importanza della storia del
nostro costume invece dovrebbe, a mio parere, essere a disposizione di tutti più
liberamente.
Conosciamolo allora meglio, Nino Agenore, e vedremo che la sua genialità
ci riserva altre sorprese.
Il padre era muratore e morì a 45 anni prima che nascesse il quinto
figlio, la madre lo seguì poco dopo. Degli orfani si occuparono la sorella
della madre: la zia Roma e lo zio Cirillo Avesani.
Quest’ultimo
era persona molto amata e stimata in paese tanto che, Agenore, nel suo libro
scrive di lui con affettuoso orgoglio:
“1946-47 Cirillo
Avesani - Sindaco - Partito Socialista Italiano - eletto il 24 marzo 1946 per
volontà popolare espressa in
regolari elezioni, dopo 23 anni di partito totalitario fascista. L’8 febbraio
1947 il Sindaco Avesani dava le dimissioni per ragioni di salute. Cessava di
vivere nel dicembre 1959.”
Gli zii avevano un negozio molto avviato e, riconoscendo
un’intelligenza notevole nel nipote preferito, (avevano pensato anche di
adottarlo) lo fecero studiare in collegio fino a 14 anni. Tornato a casa il
ragazzo continuò a studiare per conto suo, cominciò a scrivere, si occupò di
fotografia: un vero autodidatta.
Alla fine si trovò un impiego in città sfruttando anche la sua discreta
conoscenza della lingua tedesca.
Purtroppo
nel 1942, a 19 anni venne chiamato di leva.
Nel suo libro inedito: LA BOLGIA DEI VIVI (Ricordi di prigionia in terra tedesca), Dicembre 1945,
racconta così:
Nei primi giorni della
nuova vita sopportai con alquanta rassegnazione la grande diversità di vivere,
che molto pesava sul mio essere. Rinchiuso fra quattro mura, completamente
soggetto alla volontà della forte disciplina bersaglieresca, costretto a tutto
fare per quanto riguardasse i bisogni e le necessità personali, schiacciato
dalla fatica della vita di nervi, mal sopportando le punizioni inflittemi e le
strapazzate morali, inghiottendo amaro per i malanni non riconosciuti; tutto
insomma mi serrava in un cerchio entro il quale mi sentivo mancare l’aria, il
respiro.
Ma
se tanto pesante la trovai agli inizi, la nuova vita mi piacque poi. M’invase
lo spirito di Corpo, e ogni fatica sapevo sopportare con più rassegnazione e
filosofia, come del resto la “Naja” tutta.
Divenni
insomma, orgoglioso di portare le svolazzanti piume nere. Nell’invernata 1942-43 il 9° Reggimento Bersaglieri, classe 1923, passò al 120° Reggimento di Marcia, mobilitato per l’Africa, a Riva del Garda, ove rimase fino all’Agosto.
Colà, tra l’incanto la
melodia del Garda e dei suoi monti che gli fanno corona, col sole e la terra che
lo inondano di profumi, passai quel periodo allontanandomi del tutto dalla realtà
dei tempi. Ma purtroppo la situazione sui fronti di guerra, un bel momento mi
ridestò da quel malìaco torpore.
Già dallo sbarco in Sicilia
degli Eserciti Alleati sentivo che qualcosa di importante doveva presto
accadere.
Sul far dell’estate il 120°
Reggimento seguì il triste destino delle ultime battute delle forze dell’Asse
in terra d’Africa.
Rimanemmo
in pochissimi.
Nella mia compagnia Autonoma specialisti Radio e Automobilisti, ci ritrovammo in cinque e subito dovemmo noi pure aiutare per l’istruzione necessaria ai nuovi specialisti della classe 1924, che iniziava allora il suo addestramento.
In Luglio il Reggimento si spostò
a Rovereto, nella ubertosa Val d’Adige, dove fu incorporato all’8°
Reggimento Bersaglieri Ciclisti, colà dislocato.
L’8
settembre assieme a tutti i soldati di stanza a Rovereto, Nino Agenore, venne fatto
prigioniero. (segue racconto: 8 settembre 1943).”
Venne
deportato prima in Polonia dove, malgrado i disagi, incontrò la solidarietà
della popolazione e poi nella zona Ovest della Germania nel bacino della Ruhr,
vicino a Dortmund nello “Stalaglager VI° F” con sede a Bocholt.
In questo
campo soffrì tutte le privazioni possibili e, con straordinaria freddezza, le
annoterà in una agenda che era riuscito a conservare e che gli servirà da
traccia per scrivere le sue memorie.
Ai primi di Marzo 1945, dopo che un bombardamento aveva distrutto il lager, cominciò il suo cammino verso la libertà. Il 23 Agosto del 1945 era a casa: aveva 22 anni.( si rimanda alla storia: Liberazione = Resurrezione).
Lo scrivere la sua storia, appena tornato, sembrò esorcizzare le sofferenze patite. Poche volte si soffermava su quei ricordi, ma con serenità, come avvenimenti lasciati alle spalle. Solo negli ultimi giorni di vita, quando l’autocontrollo cominciava a lasciarlo confessava impaurito alla moglie: “Li sento, sono qui sotto, vengono a prendermi”.
Tornato a
casa cominciò a lavorare nel negozio degli amati zii, ma la malattia dello zio
lo obbligò a cercare un altro lavoro. Nel corso degli anni gli capitò di
svolgere varie attività in cui la fortuna non lo assistette molto, finché non
fu assunto in un importante ufficio delle Poste dove la
sua viva intelligenza gli permetteva di svolgere le mansioni di
capoufficio. Gli fu anche proposta la nomina a cavaliere, ma lui aveva risposto:
“Non ho particolari meriti, mi
va bene così”.
Il
suo tempo lo dedicava agli interessi culturali. Prima fra tutti veniva la
scrittura. Aveva trasposto anche in due volumi di versi la sua odissea in
Germania. Scriveva per il Giornale L’Arena articoli di cronaca locale e
sportiva.
Un
Hobby curioso era quello dell’enigmistica:
era collaboratore del giornale La Sfinge per parole incrociate, rebus, anagrammi
etc.
Unico
suo libro pubblicato fu “San Martino ‘80”, già nominato
all’inizio, gli era costato 2 anni di lavoro. Questa opera, però, gli pareva
incompleta: il capitolo sulla storia del paese era troppo esiguo, allora aveva
cominciato una approfondita ricerca, specialmente alla Società letteraria di
Verona: dove grazie a un suo caro amico, che ne era direttore, aveva avuto a
disposizione documenti inediti.
Ideazione e Direzione: Nino Agenore Bertagna Redazione: Tiberio Bertagna Realizzazione tipografica: Rino Orlandi e Gianni Pedrini Stampa tip.: SI.RI Sera Ed.: Del Falcone Foto copertina: Enzo Boschetto
Questo
“San Martino: nella notte dei tempi”, ormai completato, è rimasto un
dattiloscritto di 74 pagine, Agenore non ha fatto in tempo a dotarlo della parte
iconografica.
Del
suo amore per la fotografia si è detto, ma alla fine degli anni ’60 cominciò
ad interessarsi anche alla macchina da presa. Era, in un certo senso, un
dilettante, ma ottenne anche un premio nazionale classificandosi prima di
concorrenti più esperti. Il suo capolavoro in questo campo è un film sonoro,
in superotto, durata 40 minuti, sui luoghi sacri del nostro Comune: capitelli,
oratori, chiese.
Un
altro suo interesse era la politica. Essendo un uomo intelligente, pacato ed
equilibrato, gli erano amici e lo stimavano non solo i politici locali più
lungimiranti di allora, ma anche quelli nazionali di origine veronese.
Ma
naturalmente l’interesse principale era la famiglia, la sua Lia che era andato
a scovare ad Arquà Petrarca grazie agli amici Anna e Serafino, e i quattro
figli diversamente ma ugualmente cari.
Così,
intensamente, ma brevemente (è mancato a 59 anni) ha vissuto Agenore Bertagna.
Luglio 2005 - a cura di Anna Solati |